Integra l’ipotesi di remissione tacita della querela la mancata comparizione della persona offesa all’udienza dibattimentale

La vicenda

Il Tribunale di Perugia aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere a carico degli imputati per il delitto di insolvenza fraudolenta in ragione del fatto che la mancata presenza delle parti (persona offesa e imputati) all’udienza doveva ritenersi, rispettivamente, quale remissione tacita della querela e accettazione tacita della remissione.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello lamentando la violazione o erronea applicazione dell’art. 152 c.p..

Secondo il ricorrente, non poteva affermarsi con certezza che vi fosse stata remissione tacita della querela da parte della persona offesa anche in considerazione della contraddittorietà esistente negli avvisi contenuti nei due provvedimenti notificati (notifica della citazione a giudizio e verbale di udienza) che, da una parte, segnalavano la mancanza di qualsivoglia obbligo di intervenire all’udienza e dall’altra, evidenziavano che la mancata comparizione sarebbe stata considerata alla stregua di remissione di querela, così lasciando intendere la presenza di un obbligo a comparire.

Al contrario, per la pubblica accusa avrebbe potuto ritenersi integrata la remissione di querela, solo qualora la persona offesa non si fosse presentata a rendere testimonianza.

Ma la Corte di Cassazione (Seconda Sezione Penale, sentenza n. 8101/2020) ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Già da tempo le Sezioni Unite (sentenza n. 31668/2016) hanno rilevato che in un contesto normativo, come quello attuale, “teso a rafforzare le esigenze informative delle vittime dei reati, alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo, va certamente considerata come legittima – ed anzi auspicabile – una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante e di mancanza di ricusa della remissione della mancata comparizione del querelato, favorendo definizioni del procedimento che passino attraverso la verifica dell’assenza di un perdurante interesse della persona offesa all’accertamento delle responsabilità penali e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di sterili attività processuali destinate a concludersi comunque con un esito di improcedibilità dell’azione penale o di estinzione del reato”.

In conformità a tale principio di diritto, i giudici della Seconda Sezione Penale della Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto:

“Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela”.

Anche le doglianze relative alla presenza di una accettazione della remissione della querela, sono state rigettate, in quanto articolate in difetto di interesse.

Infatti, – hanno aggiunto gli Ermellini – “pur dovendosi riconoscere istituzionalmente al pubblico ministero un ruolo di tutore della legalità, per ciò solo legittimato a proporre impugnazione anche a favore dell’imputato, nel caso di specie la questione riguardava diritti disponibili da parte dell’imputato che integrano una valutazione di opportunità in relazione alla propria posizione processuale sostanziale rispetto a cui l’azione del pubblico ministero non può ritenersi sostitutiva”. In sostanza, il pubblico ministero non si può sostituire all’imputato nel decidere se accettare o meno una situazione processuale che, parallelamente a determinati svantaggi, implichi palesi vantaggi.

La redazione giuridica

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