Eccessiva velocità e sinistro stradale mortale (Cassazione civile, sez. III, 06/03/2023 n.6602).
Eccessiva velocità quale fattore dirimente nel sinistro stradale.
Un ragazzo di 16 anni, alla guida del suo motorino rimaneva coinvolto in un incidente stradale con un’autovettura riportando gravissime lesioni che ne provocavano il decesso.
I congiunti del ragazzo convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Pesaro il proprietario-conducente del veicolo e la sua Assicurazione per sentirne accertare e dichiarare la responsabilità nella causazione dell’evento, con condanna al risarcimento dei danni.
Il Tribunale disponeva CTU Medico-legale e cinematica e acquisiva la perizia svolta nel procedimento penale. Il Tribunale di Pesaro riconosceva la corresponsabilità dell’automobilista nella misura del 40% e condannava i convenuti in solido tra loro al risarcimento dei danni conseguenti.
Avverso la suddetta sentenza proponevano appello principale i congiunti della vittima ed appello incidentale l’Assicurazione. I primi sostenevano che la costituzione di parte civile nel procedimento penale rappresentava non una rinuncia, ma la volontà di perseguire la verità dell’accaduto e rilevavano che la causa del sinistro, emersa dalle perizie espletate, era la eccessiva velocità di marcia della autovettura.
La Corte di Appello di Ancona, respingeva l’appello principale dei congiunti del ragazzo deceduto, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Ne segue ricorso in Cassazione.
Il ricorso dei congiunti è affidato a due motivi. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha corroborato la ricostruzione adottata dal Giudice di primo grado, secondo il quale la prevalenza di responsabilità del ragazzo nella causazione del sinistro era da rinvenire nel fatto che questi aveva omesso di dare la precedenza al veicolo.
Osservano che quanto sopra contrasta con la previsione dell’art. 141 C.d.S., che pone in capo al veicolo obblighi stringenti e non contempla alcuna mitigazione di responsabilità per l’ipotesi in cui la velocità tenuta dal guidatore, in corrispondenza di curve o di intersezioni, sia superiore a quella indicata nella segnaletica.
Sempre secondo i ricorrenti, i Giudici di merito hanno imputato una maggiore gravità della condotta della vittima per il solo fatto che la stessa non aveva rispettato lo stop e che, alla luce del disposto di cui all’art. 2054 c.c. e dell’art. 145 C.d.S., avrebbero dovuto quanto meno attribuire ad entrambi i soggetti, coinvolti nel sinistro, una percentuale del 50% di responsabilità ciascuno, non essendo stata data dall’automobilista la prova contraria ed essendo avvenuto il sinistro in prossimità di una intersezione.
La censura è inammissibile.
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del Giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza.
Nel caso di specie, i ricorrenti, pur evocando gli articoli di legge sopra citati, non censurano in realtà la violazione o falsa applicazione di alcuna norma di diritto, ma criticano la ricostruzione in punto di fatto delle rispettive responsabilità dei due conducenti nella causazione del sinistro, come operata in maniera concorde da entrambi i Giudici di merito.
La motivazione dei Giudici di appello, invero, è sorretta da logica e congruente motivazione, alla quale i ricorrenti si limitano a contrapporre, inammissibilmente, altra e diversa versione in fatto dell’accaduto.
3. Il secondo motivo non è fondato.
Parte ricorrente cita, a sostegno del proprio assunto, la pronuncia n. 13661/2019 delle Sezioni Unite di questa Corte, ma omette poi di considerare che detta pronuncia riguarda (non l’ipotesi della estinzione del processo civile, regolata dall’art. 75 comma 1, c.p.p., ma) quella della sospensione necessaria del processo civile (regolata dall’art. 75 comma 3 c.p.p.): la prima ipotesi ricorre quando, come nel caso di specie, il danneggiato, dopo aver promosso l’azione risarcitoria davanti al giudice civile, si costituisce parte civile nel processo penale; mentre la seconda ipotesi ricorre quando il danneggiato, dopo essersi costituito parte civile, promuove l’azione risarcitoria davanti al giudice civile.
Ciò posto, la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:
“L’azione diretta, prevista dall’art. 144 comma 1 C. d.A. comporta una forma di legittimazione straordinaria (ad agire nei confronti della compagnia assicuratrice), che il legislatore prevede a favore del danneggiato da circolazione stradale al fine di rafforzare la tutela giuridica del suo diritto al risarcimento del danno, ma non comporta l’ampliamento dell’oggetto del giudizio civile instaurato dal danneggiato. Detto oggetto rimane circoscritto al diritto del danneggiato al risarcimento del danno, producendo il contratto di assicurazione effetti soltanto tra l’assicuratore e l’assicurato/danneggiante e prescindendo l’azione diretta, per sua natura, dall’esistenza di un diritto sostanziale del danneggiato nei confronti della compagnia”.
Il ricorso viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno
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