Irragionevole durata del giudizio di responsabilità medica

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Irragionevole durata del giudizio di responsabilità medica

Irragionevole durata del giudizio (Cassazione civile, sez. II,  dep. 14/02/2023, n.4477).

Irragionevole durata del giudizio per l’accertamento di responsabilità medica.

I coniugi si rivolgono alla Corte di Appello di Napoli per ottenere l’indennità da equa riparazione con riferimento alla irragionevole durata del giudizio civile intrapreso per l’accertamento della responsabilità medica e la conseguente richiesta di risarcimento in relazione alla morte del loro figlio.

La Corte di Napoli condannava il Ministero della Giustizia al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale decreto veniva proposta opposizione, che la Corte d’appello di Napoli, in composizione collegiale, accoglieva limitatamente al primo motivo, riconoscendo gli interessi sulle somme liquidate con decorrenza dal deposito del ricorso. Rigettava, invece, i restanti motivi di opposizione riguardanti la liquidazione delle spese del procedimento monitorio, con i quali si sosteneva che il Giudice designato avrebbe dovuto applicare i valori medi ; che avrebbe dovuto riconoscere anche la maggiorazione per il deposito degli atti con modalità telematica,  oltre alla maggiorazione per la difesa di più parti.

Il decreto collegiale viene impugnato in Cassazione.

I ricorrenti lamentano la mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche; mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche; compensazione delle spese di lite del procedimento di opposizione

Le censure sono infondate.

La Corte d’appello ha affermato che la maggiorazione del 30% per il deposito di atti con modalità telematica doveva negarsi in quanto “la tecnica informatica redazionale adottata dall’opponente consente la ricerca testuale all’interno del ricorso ma non anche all’interno dei documenti allegati“; essa ha aggiunto che “i due link relativi ai verbali di causa rimandano unitariamente all’insieme dei verbali del giudizio di primo grado e all’insieme dei verbali del giudizio di secondo grado, non consentendo il richiamo ad ogni singolo verbale di udienza e ai relativi provvedimenti del giudice, emessi nel corso del giudizio“.

L’aumento del 30% del compenso è dovuto quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto.

Pacifico ciò, l’applicazione, o meno del suddetto aumento percentuale, è rimessa al potere discrezionale del Giudice di merito, basato su un apprezzamento di fatto relativo alle tecniche informatiche in concreto adoperate dal difensore nel deposito telematico e, perciò, sindacabile in sede di legittimità solo se non siano controllabili le ragioni che abbiano giustificato tale esercizio, ragioni, invece, nel caso di specie adeguatamente e coerentemente sviluppate nell’impugnato decreto.

Sulla liquidazione delle spese della fase monitoria gli Ermellini ribadiscono che l’opposizione di cui L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo (Cass. n. 19348/2015; analogamente, Cass. n. 20463/2015).

Il tutto si può assimilare con il procedimento per decreto ingiuntivo, con il quale il procedimento della Legge Pinto, per irragionevole durata del processo, condivide una prima fase, che si svolge inaudita altera parte e che termina con la provocatio ad opponendum, e una seconda fase d’opposizione, caratterizzata da un contraddittorio pieno.

La fase del pieno contraddittorio termina con un provvedimento che ha carattere sostitutivo del decreto emesso in sede monitoria solo se ed in quanto l’opposizione sia accolta in tutto o in parte.

In tal caso, infatti, l’esito dichiarativo finale è difforme dall’accertamento compiuto con il decreto opposto, che pertanto va necessariamente revocato. Di riflesso, sostituendosi a quest’ultimo il decreto collegiale quale unica statuizione di merito, viene meno anche il capo relativo alle spese liquidate in favore della parte istante e poste a carico di quella erariale.

Le spese, pertanto, devono essere regolate a misura dell’intera vicenda processuale e non soltanto della fase d’opposizione, in base al criterio di soccombenza, così come avviene per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione di tali principi.

In conclusione, il ricorso viene rigettato, con condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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