Chiamata a giudizio per responsabilità sanitaria è la Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, cui viene richiesto un risarcimento di oltre 700mila euro per un ematoma subdurale non diagnosticato a seguito di una caduta in ospedale. Entrambi i gradi di merito rigettano la domanda e la Cassazione conferma.
La vicenda clinica
In data 30 gennaio 2012 il paziente, di anni 86, veniva ricoverato presso l’Ospedale Santa Maria di Terni in codice verde per dolore all’arto superiore sinistro. Dal Pronto Soccorso veniva quindi trasferito all’Unità Terapia Intensiva Coronarica con diagnosi di “dolore arto superiore sinistro lieve rialzo enzimi cardiaci”, in quanto colpito da “infarto miocardico acuto”. Intorno alle ore 22.15 cadeva dal letto e batteva violentemente la nuca, provocandosi una ferita con lieve perdita di sangue; i sanitari lo soccorrevano e gli medicavano la ferita, ma non effettuavano alcuna Tac. Quindi, dopo essere stato sottoposto ad esame coronarico, il paziente veniva dimesso in quanto ritenuto “in buone condizioni generali. Asintomatico. Orientato. Lucido”.
Tornato a casa, dopo un paio di giorni, verso le ore 19:30 circa, mentre era nella cantina della propria abitazione in compagnia della moglie, perdeva i sensi, accasciandosi a terra e battendo nuovamente la testa. Trasportato al Pronto Soccorso presso l’Ospedale Santa Maria di Terni, con codice rosso, veniva riscontrata la “presenza di un ematoma subdurale cranico emisferico dx, in fase iso-ipo-iperdensa, dallo spessore massimo di 3 cm ed una falda di ematoma subdurale cranico emisferico dx in fase isodensa dallo spessore massimo di 17 mm”.
Dalla consulenza neurochirurgica si riscontrava l’emorragia di cui alla prima caduta, il paziente veniva quindi ricoverato presso il reparto di Rianimazione con la diagnosi di “emorragia cerebrale”, in stato di coma profondo e considerato inoperabile dai neurochirurghi, alle ore 07:30 del giorno successivo il paziente versava in condizioni generali gravissime; alle ore 09:10 iniziavano aritmie ipo-ipercinetiche, che in breve lo portavano al decesso.
I giudizi di merito
In sintesi, i congiunti del paziente invocano l’inadempimento ex art. 1218 c.c. sotto un duplice profilo:
- a) per omessa sorveglianza del paziente, che ne avrebbe determinato la caduta dal letto.
- b) Per aver mancato, dopo la caduta, di valutarne correttamente le conseguenze ed aver soprattutto omesso di effettuare una TAC che avrebbe individuato l’ematoma subdurale.
Con sentenza n. 7144/2019 il Tribunale di Terni rigettava la domanda degli attori Successivamente, con sentenza n. 66/2021 del 31 gennaio 2021, la Corte d’Appello di Perugia rigettava l’appello.
Il ricorso in Cassazione
In Cassazione i parenti della vittima lamentano che erroneamente la Corte avrebbe considerato come rinunciata la loro domanda di risarcimento del danno patito dal paziente per la caduta dal letto in ospedale. Lamentano, inoltre, che la corte territoriale avrebbe errato nel non considerare i due episodi – la caduta dal letto e la mancata sottoposizione alla TAC – nella loro reale concatenazione.
La Corte di Cassazione rigetta integralmente (Cassazione civile, sez. III, 02/09/2024, n.23491). Non vi è omessa pronuncia essendosi la Corte pronunciata sulla questione della caduta del paziente dal letto, prospettata come causata da omessa sorveglianza, ma ha ritenuto che i congiunti avessero rinunciato alla relativa domanda risarcitoria. Per altro verso, la Corte ha richiamato il rigetto della domanda, pronunciato dal Tribunale, condividendone la motivazione fondata sul rilievo della assenza di responsabilità data la accidentalità del fatto, perché la struttura sanitaria aveva adottato le necessarie cautele, in particolare tenendo alzate le sponde del letto del paziente.
Rispetto a tale valutazione in fatto i Giudici di merito hanno pronunciato secondo diritto, escludendo, in presenza di fatti accidentale nonostante l’adozione delle necessarie cautele, la responsabilità dei sanitari e quindi della struttura.
L’Azienda Ospedaliera ha adempiuto all’obbligo di salvaguardia dell’incolumità fisica del paziente
La Corte d’Appello si è pronunciata in relazione a ben due rationes decidendi. Laddove dice “peraltro accertato dal Tribunale“, ne fa propria la motivazione, che perviene ad escludere la responsabilità della struttura sul rilievo per cui, nel ricoverare il paziente in un letto con le sponde alzate, l’Azienda Ospedaliera ha adempiuto all’obbligo di salvaguardia dell’incolumità fisica del paziente (principio già posto da Cass. pen., 21285/2013), dato che non è risultato accertato che il paziente versasse in condizioni di salute tanto allarmanti da rendere necessaria la costante presenza di un infermiere accanto a lui.
In secondo luogo laddove perviene ad affermare che la struttura ha seguito le linee guida del caso, per cui non era necessaria la TAC, svolge una motivazione autonoma, scevra da vizi logico-giuridici, fondata sulle risultanze peritali acquisite al giudizio, e rispetto a tali valutazioni resta precluso ogni ulteriore riesame in sede di legittimità.
Non rinnovata la CTU in Appello
Infine, la Corte di merito ha ritenuto di non rinnovare la CTU in appello, ed ha motivato di condividere le conclusioni di quella già espletata in primo grado, che ha affermato la conformità alle linee guida della scelta operata dai sanitari, sulla base degli elementi dati, di non sottoporre il paziente ad una Tac per verificare gli esiti della caduta.
Inoltre, i ricorrenti, censurano soltanto un passaggio della motivazione dell’impugnata sentenza, che risulta effettivamente non conforme ai suindicati principi là dove attribuisce rilevanza alla mancata espressa contestazione da parte degli appellanti delle risultanze della CTU, quale circostanza tale da impedire di poterne mettere in dubbio le conclusioni.
Ebbene, con ulteriore ed autonoma ratio decidendi, i Giudici di appello hanno affermato la piena condivisibilità delle conclusioni cui è pervenuta l’espletata CTU, con conseguente superfluità della sua rinnovazione in appello. Questo passaggio decisionale non è stato impugnato dagli odierni ricorrenti e, rispetto ad esso, la motivazione dell’impugnata sentenza si consolida.
In conclusione, il ricorso viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno