Emorragia cerebrale e mancato approfondimento diagnostico

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Emorragia cerebrale e mancato approfondimento diagnostico

Emorragia cerebrale e mancato tempestivo approfondimento (Cassazione penale, sez. IV,  dep. 07/08/2023, n.34563).

Mancata tempestiva indagine diagnostica di emorragia cerebrale e sopraggiunto decesso.

La Corte di Appello assolveva  il chirurgo coimputato dal reato di cui all’art. 589 c.p. e confermava la condanna  del dirigente medico a mesi otto di reclusione oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili.

Nei fatti, la paziente a causa di un malore veniva trasportata all’Ospedale e il giorno successivo con urgenza trasferita presso altra struttura, ove veniva diagnosticata al pronto soccorso una emorragia celebrale, e indirizzata al reparto di neurochirurgia, ove venne eseguita una Tc spirale che evidenziava emorragia cerebrale con sospetto aneurisma cerebrale della arteria comunicante anteriore, evidenziando anche un  iniziale idrocefalo.

Il giorno successivo, veniva richiesta dal medico di reparto l’esecuzione di angiografia cerebrale urgente. I giorni successivi le condizioni della paziente peggioravano, tanto che si rese necessario un trasferimento in terapia intensiva. L’esame angiografico richiesto con urgenza (non eseguito prontamente, come richiesto dal medico di reparto) evidenziava emorragia celebrale nella comunicante anteriore. Successivamente la paziente veniva sottoposta ad un intervento di embolizzazione della sacca aneurismatica. Le Tac di controllo successive evidenziavano la risoluzione della emorragia sub aracnoidea. Dopo un periodo di condizioni stazionarie, veniva deciso il trasferimento presso altro ospedale ma, il giorno prima del trasferimento sorgeva la necessità di un intervento urgente per ” derivazione liquorale dell’idrocefalo”. A seguito dell’intervento la paziente entrava in corna e lo stato vegetativo si prolungava per lungo tempo, e infine sopraggiungeva il decesso.

Ai due medici imputati veniva contestato di avere agito con colpevole ritardo ed in violazione delle linee guida, che prescrivevano di intervenire entro le 72 ore nei pazienti affetti da ESA, avendo colpevolmente ritardato l’esecuzione della angiografia e l’intervento di embolizzazione interna.

Nello specifico, al chirurgo era contestato che, nonostante le due consulenze richieste, non si avvedeva della problematica relativa all’ idrocefalo, già evidenziata in fase iniziale nella TC eseguita all’ingresso in ospedale, e non disponeva l’intervento appropriato di derivazione liquorale, eseguito tardivamente da un altro sanitario oltre due mesi dopo. Proprio per queste ragioni il primo Giudice riconosceva la colpevolezza del chirurgo e del primario.

L’omissione dei due medici imputati sarebbe stata l’angiografia urgente con il successivo intervento di embolizzazione dell’aneurisma. Anche l’espandersi del’idrocefalo, infatti, era una complicanza dell’iniziale emorragia cerebrale non trattata adeguatamente. Pertanto il chirurgo, sempre secondo il primo Giudice, che dopo aver richiesto l’angiografia urgente, pur sapendo delle carenze strutturali dell’ospedale, non aveva sollecitato l’adozione di misure idonee a trattare tempestivamente la stessa, aveva assunto una condotta palesemente negligente. Per quanto riguarda il dirigente di reparto,  avvisato della richiesta urgente fatta dal chirurgo, e delle condizioni della paziente, avrebbe dovuto adoprarsi perché le fossero prestate con urgenza le necessarie cure.

La Corte d’Appello, dopo avere disposto una seconda CTU, confermava la ricostruzione del primo Giudice in ordine al nesso di causalità tra la condotta omissiva e l’evento, tuttavia assolveva il chirurgo in quanto non era stato dimostrato che avesse avuto ” l’affidamento esclusivo” della paziente ; confermava invece la condanna del primario che avrebbe dovuto provvedere tempestivamente al trasferimento della paziente per eseguire l’intervento di embolizzazione.

Quest’ultimo, e il Procuratore Generale, ricorrono per Cassazione deducendo come errata l’assoluzione del chirurgo. L’imputato deduce che la relazione dei Consulenti d’ufficio nominati in secondo grado avrebbe omesso qualsivoglia valutazione relativa ai risultati conseguibili attraverso la tempestiva esecuzione dell’esame angiografico e dell’intervento di embolizzazione dell’aneurisma cerebrale, se, cioè, la mancata esecuzione dell’angiografia e dell’intervento costituisca antecedente causale del progressivo decadimento e dell’evento morte della paziente. Con il secondo motivo, denuncia manifesta illogicità riguardo al proscioglimento del chirurgo ed evidenzia che la propria condanna era ancorata alla qualifica apicale rivestita e prescindeva dalla circostanza della concreta presa in carico e gestione della paziente, unica circostanza idonea per l’imputazione penale.

La Suprema Corte ritiene le censure infondate.

Secondo la prospettazione del ricorrente, la tempestiva esecuzione dell’intervento avrebbe scongiurato solamente l’eventuale insorgenza della complicanza del vasospasmo, che sarebbe stata considerata come effettivamente insorta dal Giudice di primo grado, mentre era stata esclusa dai periti nominati in grado di appello. Non essendo insorto alcun vasospasmo (come emergerebbe dalle dichiarazioni dei periti in udienza) l’esecuzione della angiografia urgente non sarebbe comunque stata utile ad evitare l’aggravamento delle condizioni della paziente, con conseguente impossibilità di attribuire al primario colpa per non essersi attivato per fare trasferire la paziente.

Gli Ermellini evidenziano che le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado –trattandosi di doppia conforme- formano un unico corpo argomentativo, fondato sulle concordanti risultanze dei due elaborati peritali acquisiti nelle due fasi del giudizio a seguito di due distinti incarichi, che giungono alle identiche conclusioni.

Secondo i due Consulenti  “ il mancato tempestivo espletamento dell’intervento di angiografia con embolizzazione si pone come effettivo antecedente causale al complesso scadimento delle condizioni cliniche della paziente, che la portava al corna e poi, lentamente, all’exitus. Qualora eseguito nel termine di tre giorni indicato dalle linee guida vigenti, l’intervento avrebbe consentito di realizzare l’immediata rimozione della sacca aneurismatica, impedendo il verificarsi della sicura complicanza poi occorsa alla paziente, ossia l’idrocefalo….. il trattamento tempestivo della patologia in atto attraverso l’intervento di elezione (appunto, l’angiografia con embolizzazione) avrebbe, con alta probabilità logica, ostacolato il progressivo e poi irreversibile decadimento, l’aggravarsi dell’idrocefalo (causato dal fatto che il sangue blocca il normale flusso del liquor nello spazio sub aracnoideo) sfociato nel corna e poi nell’evento – morte.”

Di talchè le caratteristiche dal caso conducono a ritenere esatte le valutazioni espresse dai Giudici di merito, secondo cui l’intervento di elezione da eseguire nell’immediatezza era, secondo le generali regole della scienza medica, codificate nelle linee guida, l’angiografia con embolizzazione.

Il ragionamento dei Giudici di merito è conforme ai principi secondo cui il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (nella fattispecie in esame, si era di fatto verificato il progressivo peggioramento delle condizioni della  donna, decorso il termine indicato dalle linee guida per l’esecuzione dell’intervento, nonché l’ aggravamento dell’iniziale idrocefalo, tipica complicanza dell’emorragia sub aracnoidea non trattata adeguatamente in tempo).”

Fondata, invece, la doglianza proposta dal Procuratore Generale.

La motivazione della Corte territoriale, secondo cui ” non consta, con la necessaria univocità probatoria, che il chirurgo abbia personalmente avuto affidamento di seguire in via esclusiva l’evoluzione della paziente nei giorni immediatamente successivi al 25 settembre 2010, quando si era ancora in tempo per arrestare l’ingravescente idrocefalo post emorragico della medesima inferma”, è del tutto contraria ai principi pacifici in materia di responsabilità medica.

Difatti, nelle ipotesi di assunzione di posizioni di garanzia e successione di più garanti nella gestione dei pazienti, è pacifico che ciascun garante risponde del rispettivo comportamento doveroso omesso.  Qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, anche se non svolta contestualmente, ogni Medico è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico.

Conseguentemente,  ogni Medico coinvolto nella vicenda contestata non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.

La sentenza impugnata viene annullata.

OSSERVAZIONI

Può dirsi che la decisione a commento conferma l’orientamento in ipotesi di multidisciplinarietà medica.

Qualora, nella gestione del paziente, si verifichi la successione di Medici differenti, anche se non contestuale, ciascuno di essi risponde delle rispettive omissioni.

Ragionando il tal senso, ogni Medico intervenuto nella vicenda non è esentato dal conoscere e valutare l’attività precedente, o contestuale, svolta da altro collega, anche se specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali.

Avv. Emanuela Foligno

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