Le lavorazioni hanno determinato, sia con le manovre di sollevamento carichi con flessione del busto, ma anche con quelle di torsione del busto, un rischio apprezzabile, valutabile ai sensi di legge (Tribunale di Parma, sez. lavoro, Sentenza n. 144/2021 del 07/12/2021 RG n. 942/2019)

Il ricorrente conveniva in giudizio l’Inail ed esponeva: di aver prestato, dapprima, a partire dal 1976, attività lavorativa di metalmeccanico, e, successivamente, a far data dal 1993, di cartongessista e stuccatore; che, per l’espletamento di tale attività lavorativa, ha in via continuativa movimentato manualmente consistenti pesi che hanno notevolmente compromesso la funzionalità del proprio rachide lombo-sacrale; che, per tale ragione, ha con tratto la seguente patologia: “Ernia discale L4 -L5, con lombalgia acuta recidivante”; che Inail ha respinto la sua domanda amministrativa del 29 -7-2019 e che analogo esito negativo ha sortito l’opposizione.

Il ricorso è fondato.

La figura tecnico-giuridica della malattia professionale è disciplinata dall’art. 3 del T.U. 1124/1965, a norma del quale sono malattie professionali quelle contratte nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni, in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste all’art. 1 ricomprendenti le cosiddette “attività protette”. Più in particolare, l’art. 1 del T.U., in concorso con il successivo art. 4, delimita l’ambito di applicazione soggettiva dell’assicurazione obbligatoria mediante un doppio criterio selettivo basato sul riferimento alla pericolosità presunta della lavorazione (art. 1) e alla natura del rapporto giuridico o del titolo in base al quale l ‘attività viene svolta dal lavoratore (art. 4).

E’ intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18/2/1988, che ha dichiarato illegittimo l’art. 3 del T.U. nella parte in cui limita la tutela alle sole malattie tassativamente indicate nelle tabelle ivi indicate.

Pertanto è stato introdotto un sistema misto per effetto del quale risultano coperte e tutelate dall’assicurazione obbligatoria, sia le malattie tabellate (specificamente previste dall’art. 3 e per le quali opera la presunzione leg ale dell’origine lavorativa), sia quelle non tabellate delle quali il lavoratore sia in grado di dimostrare la genesi professionale (in tale ipotesi la prova del nesso eziologico tra lavorazione e patologia denunciata è a carico del lavoratore).

Ergo, al fine di ritenere sussistente la malattia professionale e il diritto ai connessi benefici economici previdenziali, è necessario verificare: 1. il tipo di attività lavorativa svolta dall’assicurato; 2. se l’attività lavorativa abbia comportato l’esposizione al rischio che ha determinato la malattia; 3. se l’assicurato abbia contratto la malattia nell’esercizio dell’attività svolta e, in caso positivo, determinare il grado di inabilità.

Il CTU, sulla base della documentazione sanitaria in atti e visitata la parte ricorrente, ha accertato che: “Le lavorazioni per le quali è stato impegnato hanno determinato, sia con le manovre di sollevamento carichi con flessione del busto, ma anche con quelle di torsione del busto, un rischio apprezzabile, valutabile ai sensi di legge”.

“Risulta quindi adeguatamente documentato il rischio derivante dalle dichiarate attività lavorative…la patologia denunciata – lombalgia da ernia discale L5 -S1 – può essere riconosciuta come malattia professionale …(….)… la condizione patologica riscontrata (“Lombalgia da ernia discale L5 -S1 “), ha carattere permanente ed è da porsi in nesso di derivazione eziologica con l’attività lavorativa, potendo ritenersi contratta nell’esercizio e a causa delle mansioni disimpegnate dal ricorrente nell’arco della sua vita lavorativa; il CTU ha, infine, valutato l’incidenza sull’integrità psicofisica del ricorrente nella misura del 6 per cento.”

Per le malattie professionali denunciate a decorrere dal 25 luglio 2000, la disciplina della rendita per l’inabilità permanente è stata modificata dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, il cui art. 13 ha disposto un indennizzo per il danno biologico, purché riduca la capacità lavorativa dell’assicurato in misura pari o superiore al 6%.

Quindi la domanda del cartongessista viene accolta con conseguente condanna dell’Inail a corrispondere l’indennizzo nella misura del 6%.

Spese di lite e di CTU a carico dell’Inail soccombente.

Avv. Emanuela Foligno

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