Errata diagnosi effettuata dal Medico di bordo

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Errata diagnosi del Medico di bordo durante la crociera

Errata diagnosi del Medico di bordo (Cassazione penale, sez. III, dep. 19/12/2022, n.47804).

Errata diagnosi effettuata dal Medico di bordo della nave da crociera.

Il Tribunale di Milano declarava sussistente il reato di omicidio colposo in danno del Medico di bordo, perché per colpa, consistita nel non avere effettuato la corretta diagnosi e nel non avere disposto il tempestivo trasferimento del paziente presso un centro specializzato, aveva causato la morte del passeggero colpito in nave da due attacchi ischemici transitori, e infine deceduto dopo cinque giorni per ischemia cerebrale acuta presso l’Ospedale Niguarda di Milano.

Il Medico veniva condannato alla pena di giustizia e, in solido con il responsabile civile Costa Crociere S.p.a., al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Tuttavia, in riforma della sentenza di primo grado, il Medico veniva assolto dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza del 2 marzo 2017, perché “il fatto non costituisce reato, con la conseguente revoca delle statuizioni civili.”

Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Milano e le parti civili propongono ricorso per cassazione e la Quarta Sezione Penale, con la sentenza n. 21036 del 25 gennaio 2018, annullava la sentenza impugnata, rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano. Con sentenza del 25 novembre 2020, la Corte d’Appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, dichiarava di non doversi procedere nei confronti del Medico per estinzione del reato per prescrizione, e confermava le statuizioni civili di cui alla sentenza di primo grado nei confronti dell’imputato e del responsabile civile condannandoli in solido fra loro alla rifusione delle spese processuali relative ai gradi di appello, cassazione e per il giudizio di rinvio.

Avverso tale sentenza, il Medico ha proposto ricorso per cassazione per: discostamento dalla relazione del Consulente; errata attribuzione del pagamento delle spese processuali.

Anche il responsabile civile ha proposto ricorso lamentando contraddittorietà nella parte relativa all’accertamento del nesso causale.

Il ricorso dell’imputato è fondato limitatamente al secondo motivo, relativo alla condanna al pagamento delle spese del giudizio di rinvio, mentre va rigettato nel resto, come pure quello del responsabile civile.

In punto di fatto viene evidenziato che il passeggero veniva colpito da malore mentre la nave si trovava al largo delle coste groenlandesi. Si era quindi recato presso l’help desk della nave e, dopo aver scritto la parola “infarto” su un bigliettino (non riuscendo a parlare poiché colto da afasia), era stato visitato dal Medico di bordo, che dopo aver somministrato al paziente Bentelan, Aspirinetta e Mannitolo, lo aveva dimesso, rassicurando lui e la moglie. Il Medico, comunicava che sarebbe stato opportuno sottoporre il paziente a visita neurologica in occasione dello sbarco, il giorno successivo, nella cittadina di Ilulissat dove, era presente -appunto- un reparto di neurologia.

Il giorno successivo (9 agosto 2011), la moglie del paziente veniva avvisata dal Medico che presso l’ospedale non vi era un Neurologo. Nelle ore tarde della mattinata di quello stesso giorno, il medesimo passeggero veniva nuovamente colto da malore, anche se in forma apparentemente meno preoccupante rispetto al giorno precedente. Tuttavia, il Medico rassicurava lui e la moglie, affermando che si trattava di semplici strascichi dell’episodio più grave del giorno precedente.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, il Medico visitava il paziente e si riservava di consigliare una risonanza magnetica dell’encefalo. La stessa sera del 9 agosto, avveniva un terzo episodio di malore, i cui sintomi sono stati ritenuti quasi univocamente riconducibili ad ictus. Il Medico di bordo, dopo aver visitato il paziente, dà atto della emiplegia destra con babinski destro spontaneo e somministra Mannitolo, Bentelan da 4 mg. Il passeggero viene condotto all’ospedale, ove l’unico Medico presente era specializzato in ginecologia. Era quindi stato tenuto in osservazione e sottoposto a visita neurologica solo la mattina successiva. In occasione di tale visita, la neurologa aveva informato il paziente e la moglie circa le terapie più adeguate al caso e circa i centri dove le medesime avrebbero potuto essere eseguite. Nella notte del 10 agosto Costa Crociere aveva iniziato a organizzare i soccorsi, che erano stati presi in carico da società esterna, la quale, però, aveva comunicato la disponibilità a effettuare il trasferimento soltanto il 12 agosto. Visto il mancato tempestivo intervento da parte della società incaricata del trasbordo, la famiglia decideva di organizzare il trasferimento privatamente, riuscendo dunque ad ottenere il trasferimento e il successivo ricovero del paziente presso l’Ospedale Niguarda il giorno 11 agosto, ove il paziente decedeva dopo 2 giorni per una ischemia cerebrale acuta, secondaria a una trombosi dell’arteria cerebrale media sinistra.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 20 luglio 2015, dichiarava il Medico di bordo responsabile del reato di cui all’art. 589 c.p., condannandolo alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile, in solido con il responsabile civile.

La colpa ascritta al Medico di bordo, secondo il primo Giudice, era stata quella di errata diagnosi e di avere nascosto al paziente e alla famiglia la gravità della situazione. Successivamente, la Corte di Appello di Milano, assolveva il Medico di bordo “perché il fatto addebitatogli non costituisce reato”, revocando le statuizioni civili.

Secondo la Corte d’Appello di Milano il Medico di bordo aveva eseguito una diagnosi corretta, seppur non annotata nel giornale medico di bordo, avendo somministrato al paziente la terapia corrispondente. Inoltre, al Medico non poteva essere rimproverato il mancato approfondimento diagnostico strumentale, funzionale alla effettuazione di diagnosi differenziale con evento emorragico, non essendo stato quest’ultimo la causa della morte. Sarebbe, poi, stata corretta la decisione del Medico di bordo di non ordinare il trasporto immediato del paziente a seguito del primo episodio ischemico, poiché le linee guida nazionali e internazionali non prevedono, nel caso in cui il rischio di ictus sia (come nel caso di specie si riteneva fosse) medio-basso, la ospedalizzazione del paziente, ma soltanto la sua osservazione per le 48 ore successive all’episodio acuto; tenuto conto, per di più, del fatto che, viste le basse temperature dei luoghi che la nave da crociera stava attraversando durante la giornata dell’8 agosto 2011, il trasbordo non era scevro da rischi di diverso tipo. Viste le condizioni di salute precarie del paziente, la Corte d’Appello di Milano ha quindi ritenuto ragionevole la scelta del Medico di bordo di attendere il giorno successivo per effettuare una visita presso l’ospedale della città, considerando anche il fatto che il giorno del primo episodio ischemico il trasbordo sarebbe avvenuto in condizioni comunque rischiose, affinché il paziente fosse sottoposto a visita in un ospedale non fornito di stroke unit.

Con decisione del 25 gennaio 2018, la Quarta Sezione Penale della Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano. La Quarta Sezione ha ritenuto che la questione dirimente al fine di ricostruire correttamente il profilo della colpa dell’imputato non era quella della scelta tra la somministrazione della terapia disponibile in nave e il trasferimento del paziente in una struttura ospedaliera in sé e per sé, quanto quella fra la somministrazione della terapia e il trasferimento in una struttura specializzata, per dare in tal modo la possibilità ad altri Medici di provvedere in tempi utili alla trombolisi, cui non era possibile dar corso sulla nave o in ospedale non all’uopo attrezzato.

La Quarta Sezione ha ritenuto che nulla possa essere rimproverato al Medico di bordo, sotto il profilo della imperizia, avendo egli effettuato correttamente la diagnosi differenziale e avendo conseguentemente somministrato, dopo il primo episodio di T.I.A., la corretta terapia.

Il profilo che viene in rilievo, invece, è quello della imprudenza. Il Giudice d’appello si era limitato a dare atto del fatto che la decisione del Medico di bordo di curare il paziente  sulla nave, attendendo un futuro sbarco per effettuare una visita neurologica, era stata assunta tenendo in considerazione idonee regole di prudenza, poiché il rischio di ictus era stato correttamente valutato come medio-basso e poiché il trasferimento immediato (a seguito, cioè, del primo attacco ischemico e prima della somministrazione di qualsiasi terapia a bordo)  non era scevro da rischi, date le temperature estremamente basse.

E’ stato ritenuto, però, che il comportamento del Medico dovesse essere valutato alla stregua delle particolari condizioni logistiche nelle quali si sono prodotti gli eventi. E ciò non soltanto nel senso delle difficoltà di uno sbarco immediato dal punto di vista del rischio di un simile trasbordo, ma anche avuto riguardo a quei criteri di prudenza che avrebbero dovuto permeare la condotta del Medico proprio in ragione delle condizioni di difficoltà in cui gli eventi si verificarono, condizioni che avrebbero dovuto lasciar presagire una situazione irrimediabile nel caso in cui rictus avesse effettivamente (come poi peraltro avvenne) colpito il paziente.

Quindi, la Corte territoriale si era limitata a valutare come prudente il comportamento del Medico, senza interrogarsi sulla percorribilità di una strategia differente rispetto a quella effettivamente seguita, e senza condurre il giudizio controfattuale. E’ stato quindi demandato al Giudice del rinvio di verificare, in primo luogo, se il Medico avrebbe potuto pianificare un intervento diverso rispetto alla somministrazione della terapia a bordo e, in secondo luogo e solo successivamente alla prima valutazione, di condurre il giudizio controfattuale, e quindi di verificare se risulta processualmente certa nel caso di specie la conclusione che la condotta omissiva del medico e la errata diagnosi contestatagli è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “elevato grado di credibilità razionale”.

In sede di rinvio sono state vagliate le alternative concretamente disponibili per l’imputato al momento del primo attacco: il paziente doveva essere trattato con terapia farmacologica (e così è stato). Alternativamente, l’imputato poteva richiedere che fosse organizzato un trasbordo del paziente in un ospedale specializzato.

L’imputato ha effettuato una scelta influenzata, principalmente, dalla valutazione del rischio di ictus ischemico a seguito del primo episodio acuto, rischio ritenuto basso, con una prevedibile incidenza di ictus nelle 48 ore successive pari all’1/0. Peraltro, le linee guida, a fronte di tale bassa percentuale di rischio, raccomandano una visita neurologica e una diagnostica per immagini, non invece un ricovero ospedaliero.

Tuttavia, ha ritenuto il Giudice del rinvio, per valutare quale fosse la scelta più prudente nel caso specifico, è necessario tenere in considerazione le condizioni logistiche in cui una tale scelta è stata effettuata. Infatti, al momento del primo attacco ischemico, la nave si trovava al largo delle Coste della Groenlandia, lontano da qualsiasi ospedale in grado di fornire cure tempestive in caso di ictus (il cui relativo rischio era sì basso, ma non inesistente). In condizioni di questo tipo, ritiene la Corte territoriale, era ragionevole richiedere al Medico di bordo un grado di prudenza ancora maggiore rispetto a quello che sarebbe stato a lui richiesto se l’episodio acuto si fosse verificato in un contesto civilizzato che rende accessibile in tempi rapidi una struttura ospedaliera specializzata.

Alla luce di queste considerazioni, e del fatto che le linee guida, pur non richiedendo la ospedalizzazione in caso di rischio medio-basso di ictus, indicano la necessità, in caso di T.I.A., di avviare il paziente a immediati approfondimenti diagnostici, il Giudice del rinvio ha valutato la decisione dell’imputato di non trasferire immediatamente il paziente in una stroke unit come “assolutamente imprudente”.

Il Giudice del rinvio si è poi premurato di verificare che il trasferimento dalla nave fosse concretamente possibile: solo nel caso di esito positivo, il rimprovero di imprudenza avrebbe potuto essere correttamente mosso Medico imputato. Ebbene, il trasporto era una alternativa concretamente praticabile, anche se difficile da organizzare, e avrebbe dovuto essere scelta, poiché il Medico di bordo era perfettamente consapevole del fatto che l’ospedale più vicino, non avendo un reparto di neurologia, non avrebbe potuto apprestare, in caso di ictus, le cure più indicate per evitare l’esito infausto.

Alla luce di tutti questi elementi, la Corte d’Appello di Milano, quale Giudice del rinvio, ha ritenuto la condotta del Medico gravemente imprudente, poiché lo stesso avrebbe avuto la possibilità di adottare la soluzione del trasferimento immediato in ospedale specializzato, idonea a consentire che il paziente potesse ricevere le cure necessarie in caso di aggravamento delle sue condizioni di salute, ma non l’ha fatto.

Un intervento di questo tipo avrebbe consentito di ridurre consistentemente (in altre parole, con elevato grado di credibilità razionale) le probabilità che l’evento infausto si verificasse.

La Suprema Corte ritiene che le censure formulate dall’imputato e dal responsabile civile siano infondate.

Il Giudice del rinvio ha ritenuto sussistente il nesso causale, riconoscendo un profilo di grave imprudenza nella condotta del Medico di bordo per non aver deciso il trasferimento, già in occasione del primo attacco ischemico, del paziente in un ospedale sulla terraferma che fosse dotato di unità specializzata in grado di far fronte in maniera tempestiva a un eventuale successivo aggravamento delle condizioni di salute. Pertanto, non si discorre di errata diagnosi, avendo l’imputato somministrato correttamente al paziente la terapia per T.I.A.

Ad ogni modo, la regola di prudenza applicabile al caso di specie avrebbe opportunamente richiesto al Medico di tenere un comportamento diverso da quello effettivamente tenuto, e cioè quello di assicurarsi che quanto prima il paziente potesse essere sottoposto a più specifici accertamenti diagnostici (non praticabili a bordo), così da consentire che potesse essere individuata la causa specifica della lesione e, di conseguenza, la terapia farmacologica o chirurgica più indicata. In un contesto quale quello concreto, e cioè su una nave da crociera al largo delle coste groenlandesi, lontano da qualsiasi complesso ospedaliero con unità specializzata in grado di fornire pronto e potenzialmente salvifico intervento in caso di ulteriore episodio ischemico o, addirittura, di ictus, la prudenza richiesta al Medico è maggiore.

La sussistenza del nesso causale tra la condotta del Medico e l’evento morte è stata affermata a seguito del giudizio controfattuale, che la Corte territoriale ha eseguito in modo approfondito e immune da vizi logici.

Inoltre,  la Corte d’appello ha dato conto, contrariamente a quanto sostenuto da entrambi i ricorrenti, delle ragioni del proprio dissenso rispetto alle conclusioni del Consulente, evidenziando che questi aveva esaminato solamente la potenzialità salvifica della terapia di trombolisi, senza analizzare che la diagnostica per immagini avesse in ipotesi rilevato quali le soluzioni migliori per trattare il caso di specie.

Ne consegue, in definitiva, l’infondatezza delle censure delle parti ricorrenti.

Per quanto concerne, invece, le spese processuali addossate al Medico imputato, trattandosi di sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato, la censura è fondata in quanto non andavano poste a carico del Medico. Pertanto, la decisione viene annullata senza rinvio, solo nella parte in cui condanna l’imputato al pagamento delle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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