Confermata la riduzione della percentuale di invalidità permanente stabilita dalla Corte di appello per una donna danneggiata da un errato intervento di riduzione del seno

Le percentuali di invalidità fissate nei baremes medico-legali con riferimento alle menomazioni specificamente e singolarmente considerate sono solo un metro per misurare il danno, ove questo sia rappresentato dalla singola menomazione considerata, ma non sono necessariamente idonee a porsi a base di un calcolo puramente aritmetico ove si tratti di valutare il danno complessivo rappresentato da più menomazioni concorrenti. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 8220/2021 pronunciandosi sul ricorso di una donna che aveva agito in giudizio nei confronti di un medico chirurgo per il danno alla salute cagionato da un errato intervento di riduzione del seno.

Il Tribunale, in primo grado, aveva riconosciuto le pretese della paziente condannando il convenuto al pagamento di Euro 21.172, ma la Corte di appello aveva parzialmente accolto il gravame proposto dal professionista riducendo l’entità del risarcimento all’importo di Euro 18.179, ovvero commisurando il danno alla percentuale di invalidità permanente dell’8%, anziché a quella del 9%).

La Corte territoriale aveva infatti ritenuto che la percentuale invalidante del 5% (stimata dal c.t.u. per la riduzione del benessere psicofisico derivante dalla asimmetria mammaria residuata all’intervento) e quella del 4% (pure stimata in relazione al danno di natura psichica) non andassero l’una all’altra sommate (come opinato dal primo giudice) ma che andassero piuttosto accolte le conclusioni del c.t.u. che aveva indicato la complessiva percentuale invalidante nella misura dell’8%. Benché infatti l’ausiliario non avesse in alcun modo spiegato tale scelta, la stessa — secondo i giudici d’appello — doveva considerarsi ragionevole, dal momento che “il danno estetico ha necessariamente un riflesso condizionante la psiche” e, pertanto, “non è singolare che la determinazione separata del danno estetico e del danno psicologico derivante dal medesimo danno abbia prodotto una sostanziale sovrapposizione da eliminare nella valutazione dell’unitario danno”.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente deduceva “vizio di motivazione della sentenza tratto dal mezzo integrativo della scienza del magistrato, ex art. 360 n. 5 c.p.c. e 194 c.p.c._per la immotivata riduzione del danno biologico, in apodittica adesione a una parte dell’elaborato peritale”. Lamentava, più specificamente, che la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto la mancanza di motivazione a base della scelta del c.t.u. di ridurre di un punto percentuale il danno biologico, vi avesse poi aderito acriticamente; pertanto, denunciava l’ingiustizia di tale immotivata riduzione e “l’errore e/o l’omessa motivazione che ha inficiato prima il ragionamento del c.t.u. e poi l’apprezzamento di tale ragionamento da parte del giudicante”.

La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto inammissibile il motivo proposto dalla danneggiata.

A detta degli Ermellini, infatti, la doglianza non si confrontava con la sentenza impugnata, che aveva invece dato ragione dell’espresso convincimento secondo cui l’indicazione della percentuale invalidante dell’8% offerta dal c.t.u. nelle proprie conclusioni, benché non illustrata, risultasse tuttavia giustificata dalla natura delle menomazioni riscontrate e da preferire rispetto alla mera sommatoria delle percentuali attribuibili alle diverse componenti del danno singolarmente stimate (danno estetico e danno psichico).

Il Supremo Collegio ha quindi specificato che in presenza di menomazioni plurime (monocrone, come nel caso in esame, o policrone che siano) non sempre è consentito ricorrere alla loro sommatoria (che, difatti, utilizzando un errato criterio puramente aritmetico, potrebbe in casi estremi portare alla stima di una invalidità superiore al 100%). Tanto trova conferma nelle “Istruzioni” contenute nell’allegato I al d.m. 3 luglio 2003 col quale è stata approvata la tabella delle invalidità in base alla quale liquidare il danno permanente alla salute causato da sinistro stradale e consistito in postumi di lieve entità, ex art. 139 cod. ass.. Ivi infatti si stabilisce che “nel caso in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie, le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda della effettiva incidenza delle preesistenze rispetto ai valori medi”.

La redazione giuridica

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