Errore medico e danno patrimoniale futuro del praticante avvocato: applicato il criterio risarcitorio del triplo della pensione sociale

Secondo la Suprema Corte “anche in difetto di prova rigorosa del reddito effettivamente perduto dalla vittima, può applicarsi il criterio del triplo della pensione sociale quale parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno patrimoniale futuro da incapacità lavorativa” (Cass. Civ., sez. III Civile, Ordinanza n. 17690 del 25 agosto 2020). La vicenda trae origine da un intervento chirurgico oculistico, all’esito del quale la paziente cita dinnanzi al Tribunale l’Oculista e la Struttura sanitaria onde vederne dichiarata la responsabilità per errore medico.

Il Tribunale accoglieva la domanda della paziente e riconosceva una ITT di 30 giorni, una ITP di 45 giorni al 50%, e postumi permanenti nella misura del 20% con una riduzione della capacità lavorativa specifica di pari misura.

Il risarcimento veniva quantificato in € 70.000,00 e in € 20.000,00 per la perdita della capacità lavorativa specifica.

La donna proponeva appello lamentando la errata quantificazione del danno da perdita di capacità lavorativa specifica in relazione sia alla prospettiva di svolgimento dell’attività di avvocato, che al mancato ricorso al criterio del triplo della pensione sociale, nonché l’adeguatezza della personalizzazione del danno non patrimoniale e della liquidazione delle spese di lite.

La Corte d’Appello respinge il gravame di insufficiente quantificazione del danno da perdita di capacità lavorativa specifica poiché insussistente la prova di un reddito da esercizio continuo dell’attività professionale svolta dalla danneggiata (praticante avvocato) e, conseguentemente, respingeva l’applicabilità del criterio del triplo della pensione sociale.

La vicenda approda in Cassazione.

Tra i numerosi motivi di doglianza viene lamentata insufficiente e/o erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero se il criterio del triplo della pensione sociale potesse considerarsi una soglia minima garantita di risarcimento.

Gli Ermellini preliminarmente rammentano che l’accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l’automatico obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno -derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica- e, quindi, di produzione di reddito.

Il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica deve essere valutato in concreto, attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse, o presumibilmente avrebbe svolto, un’attività produttiva di reddito.

La liquidazione del danno non può essere fatta in modo automatico in base ai criteri dettati in via immediata per il settore della responsabilità civile autoveicoli, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere data anche in via presuntiva, purché si accerta la riduzione di capacità di lavoro specifica.

La Suprema Corte osserva che il criterio del triplo della pensione sociale era stato indicato nella gravata sentenza quale parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno da riduzione della capacità di guadagno, tuttavia risulta errata l’esclusione.

Quando un soggetto che al momento del danno si trova in una condizione, quella di praticantato, imposta dalla legge per l’accesso alla professione di avvocato, è noto che non percepisce redditi in quanto la capacità reddituale verrà conseguita con l’abilitazione professionale.

Secondo la Suprema Corte ai fini della determinazione del danno da errore medico bisognava procedere ad un apprezzamento che doveva considerare questa evoluzione della situazione della danneggiata inerente alla capacità futura di produrre reddito, tenendo anche in considerazione che un avvocato appena abilitato ha capacità reddituali limitate e incostanti.

Tali apprezzamenti non escludono l’applicabilità del criterio del triplo della pensione sociale ben potendo paragonare, per le ragioni anzidette, la condizione della danneggiata a quella di un disoccupato.

La Suprema Corte precisa, pertanto, il seguente principio di diritto: “quale parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno patrimoniale futuro da incapacità lavorativa, anche se patito in conseguenza di errata prestazione sanitaria da soggetto già percettore di reddito da lavoro, può applicarsi, anche in difetto di prova rigorosa del reddito effettivamente perduto dalla vittima, il criterio del triplo della pensione sociale pure nel caso in cui sia accertato che la vittima, come nell’ipotesi di un libero professionista prima o immediatamente all’inizio della sua attività, al momento del sinistro percepiva un reddito così sporadico o modesto da renderlo in sostanza equiparabile ad un disoccupato”.

Il ricorso della danneggiata viene accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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