Il Tribunale di Catania ha condannato un dentista a risarcire i danni ad un proprio paziente per l’estrazione del dente sano anziché di quello malato: decisiva la mancata prova liberatoria da parte del sanitario

La vicenda

L’attore aveva citato in giudizio il dentista al quale si era rivolto al fine di curare una “odontalgia all’arcata dentaria”. All’esito di un esame radiologico ortopanoramico delle arcate dentarie, il dentista aveva deciso di procedere presso il suo ambulatorio all’estrazione del dente malato, ma in realtà aveva estratto un elemento dentario sano, senza peraltro riuscire a rimuoverne le radici.

Dopo detto intervento chirurgico, a causa dei copiosi sanguinamenti e del dolore nella sede operata, l’attore fu costretto a ricorrere alle cure dei sanitari dell’ospedale cittadino i quali, riscontrando una emorragia gengivale in corso gli applicarono tre punti di sutura per bloccare il copioso sanguinamento e, dopo avergli somministrato terapia antishock, antiemorragica ed antidolorifica, ritennero opportuno trattenerlo in osservazione per due giorni. Successivi accertamenti radiologici rilevarono nella sede della pregressa avulsione dentaria, la permanenza di una radice dentale residua e la formazione di un ascesso che necessitavano di essere rimossi.

La richiesta di risarcimento danni

L’attore concluse quindi sostenendo la responsabilità del medico, chiedendo la condanna di quest’ultimo al pagamento della complessiva somma di 23 mila euro a titolo di risarcimento dei danni subiti.

Il processo instaurato dinanzi al Tribunale di Catania (sentenza n. 4977/2019) si è concluso con l’accoglimento della domanda per le ragioni che seguono.

L’adito Tribunale siciliano ha innanzitutto ribadito che “l’obbligazione assunta dal medico nei confronti del paziente ha natura contrattuale, sicché incombe sul debitore provare che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile; più specificamente, dimostrato dal paziente danneggiato il contratto (o contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione, e allegato l’inadempimento del professionista astrattamente idoneo a provocare quelle conseguenze dannose, compete a quest’ultimo dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato o che esso, pur esistendo, non è stato eziologicamente rilevante”.

Dal che discende che, in definitiva, spetta al medico provare l’inesistenza del nesso causale, e non al paziente l’esistenza dello stesso (Cass. Sez. Un. n. 544/2008; Cass. Sez. III, n. 1538/2010).

Pertanto, “per il paziente, l’onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale si sostanzia nella prova che l’esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o del suo aggravamento, fino ad esiti finali costituititi dall’insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente (Cass. n. 20904/2013); viceversa, il medico ha l’onere di provare che l’eventuale insuccesso dell’intervento è dipeso da causa a sé non imputabile”.

Ciò premesso l’attore aveva agito in giudizio allegando un grave inadempimento posto in essere dal dentista nel corso dell’intervento chirurgico di estrazione del dente eseguito sulla sua persona e assolvendo così il suo onere probatorio.

Quest’ultimo non aveva invece assolto l’onere di provare la diligenza e la perizia della sua condotta ovvero la non imputabilità delle lesioni riportate dal paziente e rimanendo contumace aveva dimostrato un totale disinteresse per l’esito del giudizio.

Peraltro, il nesso causale tra l’operato del medico e i danni lamentati dal paziente era stato dimostrato anche dalle risultanze degli esami eseguiti nello stesso giorno presso l’ospedale. Lo stesso consulente medico-legale incaricato nel giudizio aveva espressamente affermato che durante l’intervento di avulsione dentaria “per negligenze ed imperizia [il dentista] procedeva all’estrazione del primo molare inferiore destro piuttosto che del primo molare inferiore sinistro (…) e che tale errata manovra, coinvolgendo un dente che non necessitava di essere estratto, aveva determinato una emorragia gengivale con successivo ascesso dentario che aveva necessitato di ricovero e di sutura”.

Per queste ragioni il Tribunale di Catania non ha avuto dubbi nell’affermare la responsabilità del medico convenuto in giudizio e, per l’effetto, lo ha condannato a risarcire i danni al paziente quantificati nella somma di 2.355,77 per il danno non patrimoniale e 4.500 euro per quello patrimoniale, oltre alla refusione delle spese di giudizio.

La redazione giuridica

Leggi anche:

CURA DELLA CARIE, ODONTOTECNICO NON PUO’ SOSTITUIRSI AL DENTISTA

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui