False accuse contro 12 automobilisti di mancato pagamento del pedaggio autostradale: un comportamento che non ammette scusanti quello assunto da un dipendente di Autostrade per l’Italia Spa, la Cassazione ha confermato il licenziamento

La vicenda

La Corte di appello di Genova aveva pronunciato sentenza di licenziamento di un casellante di Autostrade per l’Italia Spa, in ragione della gravità dei fatti addebitati.

Il giudice d’appello aveva ritenuto che i rapporti di mancato pagamento ( RMPP) fossero non veritieri in quanto sconfessati dalle contrastanti dichiarazioni degli utenti e dalla ulteriore circostanza che i successivi (parziali) pagamenti effettuati presso i Punti Blu, la cui ricevuta era stata allegata dal lavoratore, fosse stata ulteriormente negata dagli interessati e dunque presumibilmente effettuata dallo stesso casellante per tentare di inquinare le prove a suo carico.

Avverso tale decisione il dipendente di Autostrade ha proposto ricorso per Cassazione lamentando l’errore commesso dai giudici di merito per aver attribuito attendibilità alle dichiarazioni degli utenti, a suo dire, non idonee a costituire valido elemento di prova e per non aver accolto la richiesta di esibizione ad Autostrade dei rapporti di mancato pagamento nel periodo in contestazione, al fine di rilevarne l’elevato numero.

Ma il motivo è stato giudicato inammissibile sotto diversi profili.

La valutazione della ammissibilità dei mezzi istruttori attiene alla giurisdizione di merito e in proposito la Cassazione ha già chiarito che “Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente tali mezzi (istruttori), trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove“( Cass.n. 23194/2017).

Nel caso di specie non solo non era stata allegata la decisività della prova in questione, ma era anche irrilevante rispetto alla specifica contestazione dei fatti in esame, rispetto ai quali – hanno affermato gli Ermellini – «sussiste una specifica responsabilità del lavoratore non incisa dal numero delle situazioni in cui si verificano, in generale, le ipotesi di mancato pagamento del pedaggio. E in ogni caso tale ultima circostanza non trova nesso causale con il rilascio di inveritieri rapporti di mancato pagamento. La censura è dunque inammissibile».

La redazione giuridica

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