Nel febbraio 2018 il Tribunale di Messina aveva condannato il legale rappresentante di una società proprietaria di un distributore automatico di bevande presso il Policlinico del capoluogo siciliano, alla pena di 6.000 euro di ammenda, perché all’interno dell’erogatore erano state ritrovate delle formiche

Il reato in questione è disciplinato dalla L. n. 238 del 1962 recante “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, che all’art. 5, comma 1, lett. d) sanziona “chiunque impieghi nella preparazione di alimenti o bevande, venda, somministri o detenga per la vendita o comunque distribuisca per il consumo sostanze alimentari “insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”.
Ebbene, il distributore erogava per il consumo sostanze alimentari invase da parassiti, segnatamente delle bevande al cui interno erano state rinvenute delle formiche.
L’imputato aveva così proposto ricorso per Cassazione sostenendo che nessun rimprovero gli poteva essere addebitato in quanto le formiche erano presenti anche all’esterno del distributore di bevande. L’incuria era, pertanto, ascrivibile alle condizioni della struttura sanitaria e non a chi gestiva la macchina erogatrice di alimenti e bevande.
Peraltro, un testimone, incaricato della prevenzione dell’ASP, aveva riferito che le formiche si trovavano nel beccuccio dell’erogazione delle bevande, ma soprattutto si concentravano nella parte esterna della macchina erogatrice. Le formiche, quindi, erano entrate nella macchina erogatrice dall’esterno, in relazione alle condizioni igieniche dell’ospedale.
Inoltre nessun controllo era stato effettuato sui singoli dispenser contenenti le sostanze alimentari e le bevande, con incertezza dunque, della presenza di tali insetti nella polvere liofilizzata o nei liquidi.
Da ultimo veniva contestata la disposta confisca della macchina erogatrice perché senza alcuna ragionevole motivazione.
Ed infatti, sarebbe stato più corretto confiscare e distruggere le sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione o alterate, ma non certo il distributore automatico.

La decisione della Cassazione

Ebbene, i giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso limitatamente a quest’ultimo aspetto della impugnazione. La confisca della macchina erogatrice non era giustificata da alcuna sufficiente motivazione.
Nel “merito” però, la sentenza impugnata era coerente oltre che logica sotto il profilo fattuale e giuridico, in quanto dava conto del fatto che nelle bevande erogate dal distributore automatico erano state rinvenute formiche in modo massiccio (ben 57 formiche nel reperto analizzato in laboratorio) e che la P.G. aveva accertato all’interno e all’esterno del distributore automatico, la presenza di numerosi insetti.
Peraltro, come noto, nel giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, quali quelli indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili. (Sez. 6, n. 47204/2015).
Inoltre le eccezioni introdotte dalla difesa in ordine al mancato accertamento, da parte dei giudici di merito, dell’effettivo stato di conservazione delle sostanze alimentari erano anch’esso infondate.
Ed infatti, “per l’accertamento del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b) e d) (disciplina igienica delle sostanze alimentari), ed in particolare per l’accertamento della condotta di detenzione per la vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario procedere al prelievo di campioni ove i prodotti alimentari si presentino all’evidenza mal conservati. (La Corte ha altresì precisato che l’eventuale violazione delle norme sul prelievo di campioni, siccome si inquadra in un’attività preliminare e pre-processuale, non determina alcuna nullità)” (Sez. 3, n. 14250 del 21/03/2006; Sez. 3, n. 12346 del 04/03/2014).

Il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione

Per la configurabilità del reato, inoltre, non è necessario l’accertamento di un danno alla salute, come costantemente ritenuto da questa Corte di Cassazione: “il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, previsto dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b), è configurabile quando è accertato che le concrete modalità di conservazione siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento, senza che rilevi a tal fine la produzione di un danno alla salute, attesa la sua natura di reato di danno a tutela del c.d. ordine alimentare, volto ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura”.
Per tali ragioni il ricorso è stato respinto e annullata la sentenza solo con riferimento alla disposta confisca.

La redazione giuridica

 
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