In ipotesi di guida in stato di ebbrezza è illegittima la normativa su casellario giudiziale ed estinzione del reato per lavoro di pubblica utilità
“E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 24 d.P.R. n. 313/2002, nella parte in cui non prevede, tanto nella versione antecedente, quanto in quella successiva alle modifiche intervenute ad opera del d.lg. n. 122/2018, che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 del codice della strada (es. guida in stato di ebbrezza) che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 d.P.R. n. 313/2002, nel testo in vigore anteriormente alla sua abrogazione ad opera del d.lg. n. 122 del 2018, nella parte in cui non prevede che nel certificato penale del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 codice della strada che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada”.
Questo il principio espresso dalla Corte Costituzionale, (sentenza n. 179 del 30 luglio 2020) su impulso della Sezione prima penale e del Tribunale di Napoli.
La Corte di Cassazione, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 25 del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (Testo A)» (da ora in poi: t.u. casellario giudiziale), nella parte in cui «non prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 186 cod. strada (guida in stato di ebbrezza) che sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità».
Il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dei medesimi artt. 24 e 25 t.u. casellario giudiziale, «nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale del casellario giudiziale e nel certificato penale chiesti dall’interessato non sia riportata l’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato» ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).
In sostanza, entrambe le ordinanze lamentano la mancata previsione della non menzione nei certificati del casellario chiesti dall’interessato dei provvedimenti concernenti la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, e del successivo provvedimento che dichiara estinto il reato in caso di «svolgimento positivo» del lavoro di pubblica utilità.
La Corte Costituzionale ritiene rilevanti e fondate le questioni sollevate.
Già con la sentenza n. 231 del 2018, evidenzia la Corte, è stata ritenuta lesiva dell’art. 3 Cost. l’omessa previsione della non menzione dei provvedimenti relativi alla messa alla prova nei certificati del casellario richiesti da privati, omissione che comportava «un trattamento deteriore dei soggetti che beneficiano di questi provvedimenti, orientati anche a una finalità deflattiva con correlativi risvolti premiali per l’imputato, rispetto a coloro che – aderendo o non opponendosi ad altri procedimenti, come il patteggiamento o il decreto penale di condanna, ispirati essi pure alla medesima finalità – beneficiano già oggi della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti da privati».
Le medesime considerazioni sono valevoli anche rispetto al lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada, che – proprio come la messa alla prova – comporta per il condannato un percorso che implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati.
La disparità di trattamento tra “messa alla prova” e “lavori socialmente utili” è illegittima.
Analogamente a quanto affermato per la messa alla prova, infatti, anche in questo caso l’esigenza di garantire che la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non sia concessa più di una volta (art. 186, comma 9-bis, ultimo periodo, cod. strada) e che in caso di recidiva nel biennio sia revocata la patente (art. 186, comma 2, lettera c, cod. strada) è già adeguatamente soddisfatta dall’obbligo di iscrizione dei provvedimenti in questione e della loro menzione nel certificato “ad uso del giudice”.
La Corte Costituzionale, dunque, dichiara “l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, nella parte in cui non prevede, tanto nella versione antecedente, quanto in quella successiva alle modifiche intervenute ad opera del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122, che nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (es. guida in stato di ebbrezza) che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo”.
Avv. Emanuela Foligno
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