Idropneumotorace dx e versamento peritoneale derivanti da gravi errori del personale medico dell’Ospedale (Tribunale Taranto, sez. III, 30/03/2022, n.816).

Idropneumotorace dx e versamento peritoneale, secondo il paziente derivano da errato trattamento sanitario e la ASL viene citata in giudizio.

Espone l’attrice che il 10 marzo 2008, a causa di forti dolori addominali, si recava presso il Servizio di Primo Intervento, ove veniva sottoposta a visita medica, successivamente veniva dimessa con diagnosi di epigastralgia con prescrizione di terapia farmacologica. Persistendo, tuttavia, i dolori lamentati, il 12 marzo l’attrice si recava presso il Presidio ospedaliero di Castellaneta, ove, in seguito a diagnosi di addome acuto, veniva sottoposta ad intervento chirurgico di appendicectomia mediante incisione e posizionamento di drenaggio del Douglas. Sennonché, a causa dell’aggravamento del quadro clinico l’attrice si sottoponeva a visita cardiologica, Rx toracica ed ecografia addominale per poi essere ricoverata presso il Centro Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Foggia, ove il 16 marzo veniva sottoposta a un secondo intervento chirurgico; il 7 aprile veniva dimessa con diagnosi di “Sepsi, ARDS, idropneumotorace dx e versamento peritoneale”.

Per tali ragioni, l’attrice, assume gravi errori nell’operato dei medici del pronto soccorso e dell’ospedale di Castellaneta, e chiede la condanna dell’ASL Taranto al risarcimento dei danni sofferti, patrimoniali e non.

Nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l’attore ha l’onere di allegare e di provare l’esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l’onere di allegare (ma non di provare) la colpa del medico; è a carico della struttura sanitaria, invece, dimostrare che l’eventuale insuccesso dell’intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, sia dipeso da causa a sé non imputabile,  oppure non sia stato eziologicamente rilevante in relazione alla situazione pregiudizievole lamentata dall’attore.

Inoltre, le norme sostanziali contenute nella L. n. 189 del 2012, al pari di quelle di cui alla L. n. 24 del 2017, non hanno portata retroattiva.

Ciò posto, l’attrice denunzia: a) omessa diagnosi di appendice acuta da parte del medico in servizio il 10 marzo 2008 presso il Servizio di Primo Intervento; b) errata esecuzione dell’intervento di appendicectomia in data 12 marzo, in quanto, per un verso, sarebbe stata effettuata una incisione Mc Burney inadeguata alla gravità del caso di specie, per altro verso, un malposizionamento del drenaggio di Douglas, che non avrebbe impedito il versamento pelvico, a causa del quale si è reso necessario il secondo intervento chirurgico del 16 marzo presso di Foggia per idropneumotorace dx a versamento peritoneale.

Orbene, non v’è dubbio che una tempestiva diagnosi di appendice acuta nel corso della visita medica del 10 marzo 2008 avrebbe impedito l’evoluzione peritonitica del quadro clinico e la sindrome da distress respiratorio, che hanno reso inevitabili sia il ricovero in rianimazione, sia il secondo intervento eseguito presso l’ospedale di Foggia per idropneumotorace dx e versamento.

Entrambi i CTU hanno evidenziato l’incompletezza dell’indagine amnestetica riportata nel referto, non essendovi una precisa localizzazione della sintomatologia, l’indicazione dei parametri vitali e, soprattutto, dei disturbi associati (nausea e vomito), che, tuttavia, si può presumere essere stati presenti e riferiti dalla paziente alla luce dei farmaci dalla stessa prescritti.

In particolare, la somministrazione di plasil, spasmex e riopian presuppone una sintomatologia di tipo addominale, che, da un lato, poteva anche essere correlata a sindrome influenzale con coinvolgimento gastroenterico e, dunque, non necessariamente a un risentimento appendicolare, dall’altro, avrebbe dovuto consigliare, però, anche semplici accertamenti bioumorali, oltre che eventualmente di tipo strumentali, finalizzati a escludere la ricorrenza della condizione che incide in quasi un terzo dei casi di dolore addominale, ossia per l’appunto l’appendicite.

Ed ancora, si legge nella CTU “…Quanto all’intervento del 12 marzo, è stato eseguito tramite taglio secondo Mc Burney, che, però, è un taglio ‘…di piccole dimensioni, non idoneo alla esplorazione del cavo addominale che, in questo caso, doveva sembrare del tutto coinvolto dalla peritonite, come l’esame obiettivo sembrava suggerire; e comunque niente avrebbe impedito un secondario allargamento dello stesso taglio …per permettere un abbondante lavaggio del cavo addominale per la rimozione di tutto il materiale purulento ……..appendice gangrenosa con peritonite purulenta diffusa implica il coinvolgimento totale del cavo addominale, al quale non può obiettivamente sopperire un tubo di drenaggio che, anche se correttamente posizionato, viene ad occludersi in 24-48 ore per il contemporaneo affastellamento delle anse e dell’epiploon. Ancora, una delle complicazioni più frequenti di una peritonite diffusa è l’ascesso subfrenico destro; lavare il cavo sovraepatico subfrenico non è attività che possa essere eseguito con facilità attraverso il taglio di Mc Burney. Sarebbe stato più realisticamente favorevole l’approccio con taglio parettale o tipo Leriche …la persistenza della peritonite ha condizionato quella sindrome definita come peritonite terziaria, la cui evoluzione peggiore è l’ARDS …Del resto nella stessa descrizione di questo intervento si fa riferimento a una peritonite diffusa con abbondante materiale purulento che coinvolge anche gli annessi; e in più si reperta piastrone appendicolare che è estremamente difficile risolvere con un taglio limitato quale è il Mc Burney…. La conseguente insorgenza di una sindrome settica impose ai sanitari del nosocomio di Foggia di eseguire un secondo intervento chirurgico, questa volta con una opportuna estesa toiletta addominale con posizionamento di drenaggio nel Douglas”.

In definitiva, vengono condivise le conclusioni dei Consulenti , secondo i quali le prestazioni sanitarie eseguite hanno favorito l’evoluzione della sofferenza infiammatoria dell’appendice vermiforme in ‘…franca perforazione con contestuale peritonite’, sicché va affermata la responsabilità dei sanitari dell’ASL convenuta per i danni da idropneumotorace dx e versamento peritoneale che la malpractice medica ha cagionato alla paziente.

I postumi invalidanti vengono valutati nella complessiva misura del 9%, tenuto conto dei numerosi esiti cicatriziali (a livello della linea ascellare media in corrispondenza del IV spazio intercostale destro, in regione ipogastrica lungo la linea ombelico pubica, in fossa iliaca destra) e del conseguente pregiudizio estetico.

La responsabilità dell’ASL viene limitata al danno differenziale, ossia al maggior pregiudizio che la condotta errata dei sanitari ha arrecato alla paziente in aggiunta ai postumi casualmente correlabili a una tempestiva diagnosi e/o a una corretta esecuzione del primo intervento chirurgico e, quindi, indipendenti da errori professionali.

Ciò premesso, viene determinato nella misura del 7% il danno direttamente correlato alla malpractice accertata in giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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