Quando da un unico fatto illecito discendono plurime conseguenze pregiudizievoli, la prescrizione della domanda di risarcimento inizia a decorrere da quelle che si sono manifestate per ultime solo laddove non costituiscano un mero aggravamento del danno già insorto, ma integrino invece nuove ed autonome lesioni

Il fatto illecito e l’azione risarcitoria

Madre e figlia avevano agito in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dal sinistro stradale verificatasi allorquando quest’ultima si trovava sul sedile posteriore di una motocicletta, che entrava in collisione con un altro veicolo.

Il conducente della moto decedeva nell’immediatezza mentre la trasportata riportava gravissime lesioni che la costringevano ad un pluriennale percorso terapeutico fatto di continui ricoveri ospedalieri, interventi chirurgici e visite mediche; nel travagliato iter di cura, la ragazza era stata assistita dalla madre, che perciò, aveva posto a fondamento della propria domanda di risarcimento la grave lesione del rapporto parentale dovuta alla compromissione dell’integrità psico-fisica della figlia.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Milano condannava la compagnia assicurativa del veicolo investitore a pagare in favore della danneggiata la somma di euro 1.583.182,00 (di cui euro 899.443,00 a titolo di danno non patrimoniale, euro 194.824,00 per spese mediche sostenute e da sostenere, euro 488.915,00 a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante derivante dalla perdita della capacità di lavoro specifica) e in favore della madre la somma di euro 50.000,00 a titolo di danno non patrimoniale oltre interessi, detratto l’acconto già incassato dalla danneggiata.

La vicenda è giunta dinanzi alla Corte d’appello di Milano (sentenza n. 692/2020)

Tra gli altri motivi di ricorso la compagnia assicurativa aveva dedotto l’errore commesso dal primo giudice che, nel rigettare l’eccezione di prescrizione ritualmente formulata aveva affermato che, in materia di danno alla persona, la prescrizione dell’azione risarcitoria inizia a decorrere dalla manifestazione dell’ultima conseguenza lesiva della salute causalmente connessa all’evento dannoso, momento che temporalmente deve essere individuato in quello della stabilizzazione dei postumi permanenti.

Pur condividendo in astratto tale principio, secondo l’appellante il giudice di primo grado ne aveva fatto erronea applicazione; ed invero, alla data coincidente con la prima richiesta risarcitoria trasmessa dalla danneggiata, qualsiasi termine di prescrizione risultava ormai decorso: sia il termine biennale per il diritto al risarcimento del danno prodotto da circolazione di veicoli (art. 2947, comma 2, c.c.), sia il termine quinquennale per la prescrizione del reato di lesioni colpose (eventualmente applicabile in sostituzione del primo ai sensi dell’art. 20947, comma 3 c.c.).

La prescrizione dell’azione risarcitoria

Inoltre, secondo l’appellante il Tribunale, per negare l’intervenuta prescrizione, aveva erroneamente ritenuto che l’intervento di artroprotesi del ginocchio destro cui la vittima si sottopose (eziologicamente riconducibile alle lesioni riportate in seguito al sinistro stradale), integrasse una nuova ed ulteriore conseguenza dannosa dello stesso incidente, come tale idonea a differire il termine iniziale di prescrizione dell’azione risarcitoria. Pertanto, se per il primo giudice tale intervento rappresentava una evidente manifestazione del perdurare dello stato di malattia incompatibile con la condizione di stabilità dei postumi; viceversa, per la compagnia assicurativa il predetto intervento non poteva ritenersi idoneo a determinare alcuno spostamento in avanti dell’originario termine di prescrizione dato che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, “quando da un unico evento lesivo discendono plurime conseguenze pregiudizievoli, la prescrizione inizia a decorrere da quelle che si sono manifestate per ultime solo laddove non costituiscano un mero aggravamento del danno già insorto, ma integrino invece nuove ed autonome lesioni” (Cass., Sez. III, 10 gennaio 2008, n. 236).

La questione posta all’attenzione della Corte d’Appello di Milano, riguardava, dunque, l’individuazione del dies a quo della prescrizione in materia di diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (art. 2947 c.c.); più in particolare, si trattava di stabilire la decorrenza della prescrizione in presenza di danni manifestatisi in tempi diversi, ma causalmente ascrivibili ad un unico evento lesivo, cioè ad un unico fatto doloso o colposo (art. 2043 c.c.).

Il fatto illecito produttivo di plurime conseguenze pregiudizievoli

Sul punto è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con una pronuncia resa a Sezioni Unite che ha fissato il seguente principio di diritto: “in materia di diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, qualora si tratti di un illecito che, dopo un primo evento lesivo, determina ulteriori conseguenze pregiudizievoli, il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno inerente a tali ulteriori conseguenze decorre dal verificarsi delle medesime solo se queste ultime non costituiscono un mero sviluppo ed un aggravamento del danno già insorto, bensì la manifestazione di una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l’esaurimento dell’azione del responsabile” (Cass., Sez. Unite, 11 gennaio 2008, n. 580 che ha confermato quanto già statuito da Cass., Sez. III, 10 gennaio 2008, n. 236, citata dall’appellante; entrambe seguite in senso conforme da Cass., Sez. III, 3 aprile 2009, n. 8156 e da Cass., Sez. III, 21 marzo 2013, n. 7139).

Alla luce della citata giurisprudenza, al fine di determinare il giorno da cui decorre la prescrizione dell’azione risarcitoria, bisogna innanzitutto individuare le plurime conseguenze dannose riconducibili all’unico evento lesivo; successivamente occorre isolare quella che cronologicamente si sia manifestata per ultima onde poter stabilire se si tratti del mero aggravamento di una pregressa patologia o costituisca un danno nuovo ed autonomo (ancorché sempre riconducibile sotto il profilo causale alla condotta dolosa o colposa del responsabile).

La nozione di “lesione autonoma”

Stando alla già citata Giurisprudenza di Legittimità (in particolare Cass., Sez. III, 10 gennaio 2008, n. 236, in motivazione), deve parlarsi di autonoma lesione quando questa, pur derivando causalmente dall’originario evento di danno, costituisca “evenienza nuova, straordinaria, accidentale, non prevista, esteriore ed anomala rispetto al normale”; in altri termini, essa deve poter essere qualificata “alla luce delle comuni nozioni di scienza medica” come uno sviluppo anomalo delle precedenti patologie.

Ebbene, per i giudici della corte d’appello milanese “l’imprevedibilità delle ulteriori lesioni al ginocchio manifestatesi dopo molti anni rispetto al sinistro non rappresentavano un mero aggravamento di precedenti patologie”, ma si trattava di nuove ed autonome lesioni capaci di differire l’originario termine di prescrizione dell’azione risarcitoria che, pertanto, non poteva ritenersi spirato”.

La decisione

Il Giudice di primo grado aveva quindi ben statuito nel rigettare l’eccezione di prescrizione, avendo essa iniziato a decorrere solo a far tempo dal nuovo evento lesivo costituito dall’intervento descritto, attestante fino a quel momento l’assenza di qualsivoglia stabilizzazione di postumi.

Rigettati anche gli altri motivi di ricorso, la Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 692/2020) ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado.

La redazione giuridica

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