Sinistro stradale per immissione in carreggiata senza concedere la precedenza (Cassazione civile, sez. III, 20/04/2023, n.10686).

Immissione in carreggiata e sinistro stradale per difetto del diritto di precedenza e velocità eccessiva.

Il conducente e la proprietaria del veicolo agivano per il risarcimento dei danni riportati a causa di un incidente stradale, che imputavano ad esclusiva responsabilità del conducente della vettura antagonista. Deducevano che, provenendo dall’opposta direzione di marcia, l’automobile avversaria urtava il mezzo in cui viaggiavano gli attori che, superato un incrocio, aveva appena completato la manovra di immissione nella strada in cui sopraggiungeva l’altro veicolo; assumevano che l’incidente veniva provocato dalla eccessiva velocità dell’auto investitrice che invadeva la corsia percorsa dall’autovettura attorea.

Il Giudice di Pace di Brindisi accoglieva parzialmente le domande, affermando la paritaria responsabilità concorsuale dei due conducenti. L’Assicurazione proponeva appello e il Tribunale riformava parzialmente la decisione accertando una maggiore responsabilità (60%) a carico del conducente della vettura antagonista mentre, per altro verso, ha ridotto gli importi risarcitori in favore degli attori che propongono ricorso in Cassazione.

Con il primo motivo si censura la liquidazione del danno alla vettura per equivalente (in relazione al valore ante sinistro del mezzo) e non in forma specifica (in relazione al costo delle riparazioni effettuate), rilevandosi che il risarcimento per equivalente “può essere usato come criterio di liquidazione del danno soltanto quando vi può essere locupletazione per il danneggiato e nelle ipotesi di particolare difficultas prestandi del debitore”; inoltre si censura la mancata considerazione delle spese di rottamazione, spese per nuova immatricolazione, bollo non goduto, fermo recupero analogo mezzo.

La doglianza è fondata.

La norma di cui all’art. 2058 c.c. prevede che il danneggiato possa chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, consentendo tuttavia al Giudice di disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.

Ciò significa che, in relazione al danno subito da un veicolo, nel primo caso la somma dovuta è calcolata sui costi necessari per la riparazione, mentre nel secondo è riferita alla differenza fra il valore del bene integro e quello del bene danneggiato.  

Le due modalità di liquidazione si pongono, fra loro, in un rapporto di regola ed eccezione, nel senso che la reintegrazione in forma specifica, costituisce la modalità ordinaria, che può tuttavia essere derogata in favore del risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa.

Tuttavia, va considerato che il danneggiato può avere serie ed apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato (ad es., perché gli risulta più agevole la guida di un mezzo cui è abituato o perché vi sono difficoltà di reperirne uno con caratteristiche similari sul mercato o perché vuole sottrarsi ai tempi della ricerca di un veicolo equipollente e ai rischi di un usato che potrebbe rivelarsi non affidabile) e che una piena soddisfazione delle sue ragioni risarcitorie può comportare un costo anche notevolmente superiore a quello della sostituzione.

Sul punto,  la giurisprudenza di legittimità ha individuato il punto di equilibrio delle contrapposte esigenze facendo riferimento “alla necessità che il costo delle riparazioni non superi “notevolmente” il valore di mercato del veicolo danneggiato; si tratta di un criterio che si presta a tutelare adeguatamente la posizione dell’obbligato rispetto ad eccessi liquidatori, ma non anche a tener conto della necessità di non sacrificare specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato il proprio mezzo; esigenze che debbono trovare tutela nella misura in cui risultino idonee a realizzare la migliore soddisfazione del danneggiato e, al tempo stesso, non ne comportino una indebita locupletazione.

La sentenza viene pertanto cassata sul punto, con rinvio al Giudice di appello.

Avv. Emanuela Foligno

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