Imposte: Non paga l’Irap il professionista che si avvale di un solo collaboratore con mansioni generiche. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 9451 del 2016.

Il professionista che, nello svolgimento dell’attività professionale, si avvale di un solo lavoratore dipendente con mansioni di segreteria o generiche o comunque meramente esecutive, e di beni strumentali minimi non è obbligato al pagamento dell’imposta regionale sull’attività produttiva (IRAP), in quanto la presenza minimale di strumenti e di collaborazione non costituisce “autonoma organizzazione”, presupposto necessario ai fini dell’adempimento fiscale di cui sopra.

Ad affermarlo sono state le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 9541 del 2016, che ha enunciato il seguente principio di diritto: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi ben strumentali eccedenti, secondo l’id quod prìlerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

In particolare, la Suprema Corte richiamando la sentenza del Giudice delle Leggi n. 156 del 2001, ha affermato che l’IRAP “non opera nessuna indebita equiparazione dei redditi di lavoro autonomo a quelli d’impresa, essendo un’imposta volta ad incidere su di un fatto economico diverso dal reddito, ossia sul valore aggiunto prodotto dalle singole unità organizzative, che, ove sussistente, costituisce un indice di capacità contributiva capace di giustificare l’imposizione sia nei confronti delle imprese che dei lavoratori autonomi”.

In tal modo, già la Corte Costituzionale “aveva chiarito che l’IRAP può, ed, anzi, deve essere applicata pure ai lavoratori autonomi, tenendo però presente che non si tratta di una regola assoluta, ma solo dell’ipotesi contraria, nel senso che l’assoggettamento all’imposta costituisce la norma per ogni tipo di professionista, mentre l’esenzione rappresenta l’eccezione valevolo soltanto per quelli privi di qualunque apparato produttivo”.

Non occorre, tuttavia, che si tratti di “una struttura d’importanza prevalente rispetto al lavoro del titolare o addirittura in grado di generare profitti anche senza di lui, ma è sufficiente che vi sia un insieme tale da porre il professionosta in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso”.

Fra gli elementi, suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità necessarie”, accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi “personali” di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività; ma perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica professionalità espressa nella “attività diretta allo scambio di beni o servizi”, di cui fa discorso l’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997.

Si tratta a ben vedere di fattori che siano “capaci di fornire un effettivo qualcosa in più al lavoratore autonomo. L’indagine sull’esistenza degli stessi costituisce un accertamento di fatto che il giudice di merito dovrà compiere caso per caso sulla base di una valutazione di natura non soltanto logica, ma anche socio-economica perché l’assenza di una struttura produttiva non può essere intesa nel senso radicale di totale mancanza di qualsiasi supporto, ma neppure in quello di particolare rilevanza o, peggio, di prevalenza dei beni e/o del lavoro altrui su quello del titolare”.

Diversa incidenza assume, invece, l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato, appunto, generico.

“Per far sorgere, infatti, l’obbligo al pagamento del tributo sull’attività produttiva è necessario e al tempo stesso sufficiente l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore di interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista. Si deve cioè trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perché capace, come lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l’attività”. Mentre, al contrario, ne sarà escluso il contribuente che si avvale di un’attività non autonomamente organizzata, nei limiti e secondo i principi poc’anzi enunciati.

Avv. Sabrina Caporale

 

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