La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 19 febbraio 2016, n. 3266, conferma il proprio indirizzo esegetico, ribadendo che, in materia di procedura di risarcimento diretto, di cui all’art. 149 del Codice delle Assicurazioni private, il danneggiato può aver diritto, nei limiti che vedremo infra, al ristoro delle spese legali connesse all’attività di un professionista che lo abbia assistito nella procedura de qua.

Il Tribunale di Firenze, in funzione di Giudice di secondo grado, aveva respinto la domanda dell’attore – volta a ottenere il ristoro delle spese legali – affermando che al sinistro al suo esame doveva applicarsi la disciplina del citato art. 149 d. lgs. n. 209/2005 sulla procedura di risarcimento diretto e che, quindi, a norma dell’art. 9 del Regolamento emanato con d.P.R. n. 254/2006, non erano indennizzabili (con la sola eccezione delle perizie relative a danni alla persona) le spese sostenute dal danneggiato per l’ausilio di professionisti nella fase stragiudiziale, essendo stata accettata l’offerta proposta dall’assicuratore.

Il citato articolo 9 prevede infatti che “nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico legale per i danni alla persona”.

Il danneggiato interponeva quindi ricorso per cassazione, osservando, correttamente, che anche le spese relative all’assistenza legale nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno consequenziale al sinistro, secondo il principio della regolarità causale: pertanto, il mancato ristoro del relativo danno comporterebbe una chiara violazione dell’art. 1223 cod. civ., a norma del quale “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.

Lamentava quindi, il ricorrente, che condizionare il diritto al riconoscimento delle spese legali alla condizione di cui all’art. 9 comma II DPR 254/2006 (non accettazione dell’offerta resa dalla Compagnia di Assicurazione) renderebbe impossibile o estremamente difficile l’esercizio di difesa del danneggiato.

Il ricorrente evidenziava, poi, un netto contrasto fra l’art. 9 del d.P.R. n. 254/2006 e gli artt. 148 e 122 del d.lgs. n. 209/2005, dal momento che, mentre l’art. 148 riconosce il rimborso delle spese legali, e l’art. 122 estende l’obbligo assicurativo a tutti i danni derivanti dalla circolazione; di contro, l’applicazione del citato art. 9 escluderebbe il risarcimento del danno accessorio delle spese legali, senza che la legge consenta tale esclusione; pertanto, trattandosi di norma regolamentare, fonte sottordinata alle disposizioni di legge, la previsione dell’art. 9 – non scrutinabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale – dev’essere disapplicata dal Giudice ordinario.

La Corte regolatrice ha accolto il ricorso, ritenendo di non discostarsi dal precedente arresto del 2015, con il quale aveva già avuto modo di chiarire a quali condizioni il danneggiato di un sinistro stradale, in ipotesi di risarcimento diretto, ha diritto di vedersi riconosciuto quanto ha dovuto corrispondere per l’assistenza legale.

La Corte aveva infatti osservato che, in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l’art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, il quale, per l’ipotesi di accettazione della somma offerta dall’impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, “si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie” (Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 11154 del 29.05.201

In tale arresto, la Corte di legittimità aveva poi precisato, in coerenza col precedente assunto, che non sono invece risarcibili le spese per i compensi all’avvocato, quando, al contrario, la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato, e aveva quindi concluso che “il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di causalità, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”.

Pertanto, le spese legali sono risarcibili se l’assistenza del professionista si sia resa necessaria per la complessità del caso, o per la risposta (assente, tardiva, insoddisfacente) dell’Assicuratore, fattori che hanno determinato – ne sono stati la causa – la richiesta di assistenza legale da parte del danneggiato.

Non è, pertanto, corretto sostenere che la disposizione dell’art. 9 del d.P.R. n. 254/2006 esclude in ogni caso la ripetibilità, da parte del danneggiato, delle spese di assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale, per avere volontariamente scelto di farsi assistere da un avvocato: la Corte di legittimità, con la citata sentenza 19 febbraio 2016, n. 3266, ha infatti osservato che tale conclusione comporta “una lettura della disposizione che, vietando tout court la risarcibilità del danno, si pone in contrasto non l’art. 24 Cost.”; se necessario, quindi, essa va disapplicata.

La norma di cui all’art. 9 è infatti in contrasto col principio costituzionale di difesa, e va disapplicata dal Giudice nella parte in cui esclude in ogni caso la ripetibilità delle spese di assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale.

Nei sinistri stradali per i quali si applica il risarcimento diretto di cui all’art. 149 del Codice Assicurazioni Private (sinistri tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria), per stabilire se le spese legali sostenute nella fase stragiudiziale siano rimborsabili o meno al danneggiato che abbia accettato l’offerta dell’assicuratore, occorrerà allora valutare, di volta in volta, se le spese stragiudiziali richieste erano necessitate e giustificate dalla complessità del caso, o dalle contestazioni mosse dall’assicuratore richiesto del pagamento, o da inerzia dello stesso nel prestare la dovuta assistenza.

La Corte di legittimità ribadisce, quindi, che il solo criterio legittimo, per verificare la risarcibilità delle somme spese a titolo di consulenza legale, è la sussistenza del nesso di causalità con il sinistro stradale, che origina dalla necessità delle relative spese, occorse per la complessità del caso, o per la mancata o ritardata assistenza da parte della propria assicurazione.

Pertanto, in conclusione, le spese legali vanno certamente risarcite al danneggiato da sinistro stradale, in materia di risarcimento diretto, se si sono rese necessarie per la tutela dei suoi diritti.

Avv. Federico Loche

(Foro di Roma)

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