Infortunio dell’infermiera e onere della prova

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Tribunale di Agrigento e Corte di Appello di Palermo rigettavano la domanda risarcitoria della lavoratrice inerente le lesioni derivanti da infortunio sul lavoro.

La vicenda

L’infermiera, nello specifico, nello scendere le scale della struttura ospedaliera cadeva subendo una “frattura parcellare angolo inferiore cavità glenoidea scapola destra, infrazione della VIII costa di destra“, accompagnata da “una depressione endoreattiva medio grave“, per la quale l’INAIL le aveva riconosciuto un’invalidità permanente in misura del 7% con contestuale liquidazione del danno biologico.

Entrambi i Giudici di merito rigettavano la domanda di condanna dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento al risarcimento del danno biologico differenziale derivato dal sinistro dell’infermiera avvenuto in data 28/02/2006.

I Giudici richiamavano le risultanze istruttorie da cui era emerso che i gradini delle scale su cui l’infermiera era scivolata erano dotati di dispositivo antisdrucciolo e non presentavano rilevanti alterazioni nella loro morfologia ed erano adeguatamente visibili. Il Giudice di secondo grado rilevava che le doglianze svolte in appello dalla lavoratrice in ordine al mancato collocamento di un doppio corrimano e alla carente predisposizione di segnali di inizio e fine delle rampe costituivano fatti nuovi ed estranei al contenuto dei capitoli di prova, che sui medesimi non si era sviluppato alcun confronto tra le parti nella precedente fase processuale.

Il giudizio di rigetto della Cassazione

L’infermiera lamenta che la Corte di Appello le avrebbe addossato l’onere della prova che la ASP di Agrigento non aveva adottato sufficienti misure per la sicurezza dei propri dipendenti, mentre invece incombe sul datore di lavoro l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le cautele necessarie per impedire il danno. Ribadisce che i dispositivi antisdrucciolo, seppur presenti, erano usurati e non garantivano più alcuna sicurezza, come risulta dagli esiti della prova testimoniale e che l’incidente era stato riconosciuto dall’INAIL come infortunio in occasione di lavoro. Sostiene, infine, che la ASP di Agrigento non avrebbe dimostrato di avere adottato tutte le cautele necessarie per impedire l’evento dannoso, costituendo violazione dell’art. 2087 c.c. l’omessa installazione di un doppio corrimano, di dispositivi antisdrucciolo funzionanti e di segnali di inizio e fine delle rampe.

Nessuna censura coglie nel segno (Cassazione Civile, sez. lav., 04/01/2024, n.249).

L’elemento costitutivo della responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 c.c. è la colpa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore. Ciò significa che l’obbligo di prevenzione del datore di lavoro non si esaurisce con l’adozione delle misure tassativamente prescritte dalla legge, ma è riferito anche alle altre misure richieste in concreto dalla specificità del rischio, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall’art. 41, secondo comma, Cost.

L’onere della prova spetta all’infermiera

Per quanto concerne l’ultimo aspetto, ovvero la specificità del rischio, incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere della prova, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere della prova di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.

Ciò posto, non può automaticamente alla verificazione del danno, ritenersi la inadeguatezza delle misure di protezione, ma è necessario che la lesione derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto.

La sentenza impugnata è conforme a tali principi: ha valutato gli inadempimenti datoriali indicati dalla lavoratrice (mancata dotazione dei dispositivi antisdrucciolo, irregolare manutenzione dei gradini e carente indicazione di segnalazioni o presidi antinfortunistici) e ne ha accertato l’insussistenza valutando il materiale probatorio ritualmente acquisito.

Non vi era stata, dunque, nell’accertamento della Corte territoriale, alcuna mancata adozione delle iniziative utili ad impedire, nei limiti del possibile, la compromissione dell’integrità fisica del lavoratore ed anzi gli stessi accorgimenti posti dal dipendente a sostegno delle asserite omissioni erano risultati debitamente posti in essere.

Avv. Emanuela Foligno

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