Infortunio dell’operaio, responsabile anche il committente dei lavori

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Società committente, appaltatrice e subappaltatrice condannate per l’infortunio dell’operaio precipitato da un varco aperto sul tetto (Cassazione civile, sez. lav., 07/05/2024, n.12324).

Il caso

La Corte d’appello di Milano ha dichiarato anche la società committente dei lavori responsabile dell’infortunio dell’operaio occorso il 18 dicembre 2009, e l’ha condannata, in solido con le imprese appaltatrice e subappaltatrice, a corrispondere all’infortunato le rispettive somme di 166.000 euro, a titolo di danno differenziale rispetto all’indennizzo di 70.163,80 euro, a suo tempo erogatogli dall’Inail e di 143.145,80 euro all’Istituto, a titolo di regresso.

La committente propone ricorso per cassazione deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 26 D.Lgs. 81/2008, per essere stata estesa anche nei suoi confronti la responsabilità dell’accaduto difettando il requisito della propria disponibilità giuridica del luogo. Inoltre violazione o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. , per illegittima estensione dell’ambito applicativo della norma denunciata, avendo la Corte territoriale ritenuto responsabile la committente di ingerenza, anche solo potenziale, nei lavori appaltati, in virtù della nomina di un tecnico, professionista autonomo, quale Progettista e Coordinatore del Piano Sicurezza, Responsabile dei Lavori e Direttore degli stessi.

L’intervento della Cassazione e la conferma della sentenza di appello

Preliminarmente viene scrutinato il D.Lgs. 81/2008, che la società committente dei lavori ritiene essere stato erroneamente applicato. Tale norma prevede che il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, deve:

  • a) verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione; fino all’entrata in vigore del decreto, la verifica dovendo essere eseguita attraverso l’acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato e dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale prescritti;
  • b) fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

In tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincida con il committente, il soggetto che affida il contratto deve redigere il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione potenzialmente derivanti dall’esecuzione del contratto e che il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, deve integrare il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto.

Il diritto in tema di infortuni sul lavoro

Passata al vaglio la norma governante la materia, la Cassazione richiama il recente, e ormai consolidato, diritto vivente in tema di infortuni sul lavoro che ha riconosciuto la responsabilità di committente e subcommittente per i danni subiti da lavoratore nel corso di attività connesse in appalto o subappalto.

Nel caso in cui il committente mantenga la disponibilità dell’ambiente di lavoro, deve adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro, sia all’attività appaltata.

Ebbene, nel caso in esame, la Corte di merito ha individuato lo “stesso luogo di lavoro”, comportante la (cor)responsabilità della committente in quello di una “compresenza” organizzata e coordinata (di lavoratori di più imprese) in un “luogo” individuato come medesimo dal “lavoro” (in uno “stesso luogo di lavoro”), corrispondente alla finalità di “realizzazione dell’opera”. Ciò è del tutto corretto e conforme anche al diritto dell’Unione Europea.

Oltre a ciò, è stato anche accertato dal Giudice di secondo grado il mantenimento, da parte della committente della disponibilità giuridica dell’immobile, in virtù dell’incarico professionale affidato a professionista di propria fiducia, quale responsabile dei lavori.

Conclusivamente, la Corte di Cassazione, nel confermare in toto la sentenza di appello, ribadisce che il dovere di sicurezza gravante sul committente impone la verifica in concreto dell’incidenza nell’eziologia dell’evento della condotta tenuta, a fronte della capacità organizzativa della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori.

Avv. Emanuela Foligno

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