Interessante excursus storico sulla portata dell’obbligo di custodia della strada (Corte di Cassazione, III civile, 20 novembre 2024, n. 29896).
La questione
L’automobile del danneggiato finisce in una profonda buca, non segnalata e colma di acqua, e a causa della lacerazione del pneumatico il veicolo perde il controllo e precipita nella scarpata sottostante.
Il Giudice di Pace di Avellino accoglie la domanda risarcitoria e condanna la Provincia di Avellino a risarcire l’importo di €2.554,90. In secondo grado, il Tribunale di Avellino invece rigetta la domanda e condanna il danneggiato alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.
La causa arriva alla Corte di Cassazione che dà ragione al danneggiato.
L’intervento della Cassazione
Innanzitutto, la Cassazione riprende i principi della materia dell’obbligo di custodia come revisionati a partire dall’anno 2018. Con tale riassetto, che può dirsi del tutto consolidato, viene statuito che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cc., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione.
Questo significa che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che tale comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si è più volte allineata (tra le tante, 2345/ 2019, 9315/2019, 17873/2020, hanno ottenuto anche l’avallo delle Sezioni Unite (30 giugno 2022, n. 20943), che hanno ribadito: “la responsabilità di cui all’art. 2051 cc ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.
Il caso fortuito
Successivamente alle SS.UU. sopra menzionate del 2022, sono intervenute numerose pronunce con le quali si è arrivati a un orientamento, come detto, oramai consolidato (tra le tante, n. 11152/2023, 14526/2023, 27648/2023, 12663/2024).
A conclusione del corollario tratteggiato, è stato anche chiarito che la responsabilità di cui si discute non è limitata alla sola strada, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze della stessa, ovvero barriere laterali, spazi di sosta a lato carreggiata, ecc.
Pertanto, quando viene lamentato un danno derivante o dalla strada in senso stretto, o dalle sue pertinenze, la circostanza che alla causazione del danno abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo (Cass. 20 novembre 2020, n. 26527).
Il Giudice di appello di Avellino non ha applicato correttamente tali principi. Difatti, la domanda risarcitoria dell’automobilista è stata rigettata in quanto “data l’ora notturna nella quale il sinistro si era verificato e data la deposizione dell’unico teste – il cui contenuto non è stato neppure analizzato – l’evento dannoso era da ricondurre integralmente a responsabilità del conducente”.
Tale motivazione è errata e illogica
I Giudici di Avellino non hanno indicato da quali elementi si potesse desumere la velocità non consona dell’automobilista; non hanno tenuto in considerazione la circostanza che la buca aveva determinato lo scoppio dello pneumatico (evento al quale consegue, normalmente, la perdita di controllo del mezzo). Hanno affermato, con una frase sibillina, che la buca aveva compiuto la funzione di “trampolino di lancio”; non hanno illustrato perché non si dovesse riconoscere a carico della Provincia almeno una percentuale di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 cc.
Il ricorso viene accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio.
Avv. Emanuela Foligno