In materia di infortuni sul lavoro il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni

Nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 c.p., in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore da solo sufficiente a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni. Lo ha ricordato la Cassazione con l’ordinanza n. 32363/2021 nell’accogliere il ricorso di un uomo che si era visto rigettare, in sede di merito, la domanda volta a conseguire le prestazioni previdenziali dovutegli in dipendenza del trauma cranico riscontratogli in occasione di un infortunio sul lavoro e del successivo intervento chirurgico al quale aveva dovuto sottoporsi.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente lamentava che il Tribunale avesse ritenuto non sussistente alcun nesso causale tra il risanguinamento dell’ematoma subdurale preesistente all’infortunio e l’infortunio stesso, nonostante il principio di equivalenza delle condizioni e l’insussistenza di cause di per se sole sufficienti a cagionare l’evento.

Gli Ermellini hanno effettivamente ritenuto di accogliere le doglianze del lavoratore ritenendo che il Tribunale avesse evidentemente errato nel ritenere che il risanguinamento dell’ematoma subdurale preesistente, ancorché provocato dal trauma conseguito all’infortunio e in dipendenza del quale il ricorrente aveva dovuto sottoporsi ad intervento chirurgico, non dovesse considerarsi “conseguenza” dell’infortunio stesso, atteso che le c.d. “concause di lesione”, vale a dire quegli stati morbosi preesistenti che di per sé non costituiscono inabilità ma che concorrono a rendere l’esito della lesione da infortuni più grave che in un organismo che ne sia immune, trovano la fonte normativa della loro rilevanza giuridica direttamente nel principio di causalità, enunciato dall’art. 2, T.U. n. 1124/1965, per il quale l’efficienza causale va valutata, diversamente che per l’inabilità, non in astratto, in relazione ad un ipotetico lavoratore medio, ma in concreto, rispetto alle condizioni fisiche individuali del lavoratore infortunato ed alle sue personali capacità di resistenza alla specifica causa violenta, di talché la quota di efficienza causale in ipotesi addebitabile alla concausa di lesione preesistente non ha alcun valore giuridico ‘sottrattivo’ e l’inabilità, nella sua valutazione complessiva ex art. 78, T.U. cit., dev’essere attribuita integralmente alla lesione da infortunio o da malattia professionale, che si carica di una efficienza causale totale ed esclusiva, sia che la concausa di lesione preesistente sia lavorativa, sia che sia extralavorativa.

La redazione giuridica

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