In mancanza di prove, prodotte da parte degli attori, circa la sussistenza dei requisiti di non visibilità e non prevedibilità , la buca non può essere ritenuta una insidia stradale

Chiedevano al Comune il risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta dal ciclomotore. Un incidente provocato, a loro dire, dall’ insidia stradale rappresentata dalla presenza di una buca non segnalata sul manto della via.

La pretesa della coppia protagonista della vicenda, tuttavia, veniva rigettata sia in primo grado che in appello. I giudici di merito, infatti, hanno inquadrato la vicenda nella disciplina dell’art. 2043 del codice civile, relativo al ‘risarcimento da fatto illecito’ .

Tale norma prevede che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Tuttavia, l’onere di provare l’integrazione del fatto illecito, spetta agli attori.

Nel caso in esame, invece, i motociclisti non avevano dimostrato l’esistenza della non visibilità e della non prevedibilità della buca.

Pertanto non sussistevano i requisiti  che avrebbero costituito gli estremi della “insidia stradale di cui l’amministrazione comunale era stata chiamata a rispondere”.

Contro la decisione sfavorevole della Corte d’Appello, la coppia decideva quindi di presentare ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione. Alla base dell’impugnazione veniva addotta la contraddittorietà e l’illogicità manifesta della motivazione.

La Cassazione, nel pronunciarsi con ordinanza n. 2298/2018, ha ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte dai ricorrenti, rigettando la loro impugnazione.

Per gli Ermellini, infatti, la Corte territoriale aveva del tutto adeguatamente accertato che la buca presente sulla strada, in cui era incappata la coppia,  fosse prevedibile. La valutazione era avvenuta, peraltro, tenendo conto dell’ampiezza dell’avvallamento e dell’orario ‘centro-diurno’ in cui si era verificato il sinistro. Di conseguenza il mancato avvistamento della buca e il conseguente incidente erano da ricondursi esclusivamente alla “imprudente condotta di guida” del motociclista.

In conclusione, dunque, il ricorso è stato respinto, con conferma integrale delle sentenza di secondo grado.
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