La paziente ritiene responsabile l’ASL di Avezzano dei danni derivanti da intervento chirurgico di discectomia L4-L5, eseguito con imprudenza, imperizia e negligenza, nonché per il difetto del consenso informato.
La vicenda giudiziaria
Il Tribunale accoglie esclusivamente la domanda relativa al consenso informato, condannando la convenuta al pagamento della somma di 10.000 euro. Successivamente, la Corte di L’Aquila (sent. 13/4/2022) conferma il primo grado.
I Giudici di appello, respingendo la richiesta di rinnovo della CTU, hanno osservato:
- “l’elaborato peritale consente di escludere che l’esistenza di una recidiva erniaria formatasi successivamente all’intervento operatorio di discectomia così come la mancata completa rimozione dell’ernia, ammettendo invece la comparsa di una fibrosi peridurale post chirurgica la cui entità “è direttamente correlata al grado di invasività dell’atto chirurgico ed al tipo di reattività individuale e la trazione che esso esercita sul sacco durale” aggiungendo che essa “può essere causa della recidiva del dolore lombare e del mancato recupero della funzionalità” e che “nella fattispecie né le cure medico-fisiche né il posizionamento di un elettrostimolatore midollare sembra che abbiano fornito sollievo al paziente”. Il CTU ha pure evidenziato che nella valutazione complessiva del quadro clinico doveva esser presa in considerazione anche l’esistenza, riscontrata ampiamente dalla documentazione medica, di un grave diabete scompensato ed in cattivo controllo metabolico che, secondo la più attendibile letteratura scientifica, costituisce uno dei fattori scatenanti (nella misura percentuale elevata del 50%) la polineuropatia sensitivo motoria di grado moderato severo a patogenesi mista (riscontrata in effetti al paziente dall’istituto Neurologico Mediterraneo nel 2012). Patologia che colpisce il sistema nervoso periferico e che determina solitamente un deficit motorio e sensitivo che in casi di assunzione di insulina è dovuto all’effetto lesivo che essa produce sul nervo”.
- il CTU ha specificato che “nella fattispecie la gravità dell’affezione diabetica è documentata anche dalla coesistente vascolopatia distale riscontrata nel corso del mio esame obiettivo con ulcera declive dell’arto inferiore destro. Inoltre, il fatto che la neuropatia in questione interessi tutti e quattro gli arti rende evidente che essa non può in alcun modo essere ricondotta alla patologia lombare, responsabile al più di una attendibile sintomatologia lombo sciatalfagica”. Nel caso di specie, del resto, l’appellante – pur insistendo per la rinnovazione della CTU – non ha minimamente attinto mediante l’appello quella corposa parte della motivazione della sentenza nella quale sono esposte le ragioni per le quali doveva escludersi che nella specie le conseguenze dannose patite fossero da ritenere in relazione causale con errori di esecuzione dell’intervento chirurgico di discectomia da parte del personale medico della ASL di Avezzano”.
La Corte di Cassazione conferma la decisione di appello
Il ricorrente lamenta che, pur avendo il CTU accertato la lesione costituita dalla fibrosi epidurale post-chirurgica, provocata dall’intervento chirurgico di discectomia, i Giudici hanno inspiegabilmente disatteso l’istanza di rinnovo di CTU, reputando non provato il danno biologico iatrogeno, in violazione del criterio del prudente apprezzamento nella valutazione delle risultanze probatorie, laddove invece, applicando la regola della preponderanza dell’evidenza, si sarebbe dovuto riconoscere sussistente il nesso di causalità materiale con l’intervento chirurgico di discectomia ed il difetto di consenso informato (nella CTU si legge, fra l’altro, che “la complicanza fibrosica responsabile della sintomatologia lombo sciatalgica dei periziando non può essere ascritta a malpractice, rientrando piuttosto tra le complicanze possibili ma non prevenibili di questo tipo di interventi”).
Aggiunge che anche il difetto di consenso informato ha concorso alla lesione del diritto alla salute, posto che, come può essere provato anche mediante presunzioni, il paziente non si sarebbe sottoposto all’intervento chirurgico se correttamente informato circa le possibili complicanze del medesimo.
I motivi sono inammissibili (Corte di Cassazione, III civile, 12 novembre 2024, n. 29238). La Corte territoriale ha affermato “l’appellante non ha minimamente attinto mediante l’appello quella corposa parte della motivazione della sentenza nella quale sono esposte le ragioni per le quali doveva escludersi che nella specie le conseguenze dannose fossero da ritenere in relazione causale con errori di esecuzione dell’intervento chirurgico di discectomia da parte del personale medico della ASL di Avezzano”.
Ebbene, questa statuizione non è stata impugnata, per cui vi è giudicato interno sull’assenza di inadempienza al dovere di diligenza professionale.
Discende da ciò il difetto di decisività delle censure e la declaratoria di inammissibilità.
Avv. Emanuela Foligno