Intubazione del paziente fallita dopo tre tentativi (Cass. pen. 5595/2023).

Intubazione del paziente fallita dopo tre tentativi e successivo decesso.

La particolare vicenda trae origine dall’azione penale intrapresa per responsabilità medica dai congiunti del paziente deceduto a seguito di asserite errate manovre di intubazione: nell’ultimo grado di giudizio gli Ermellini ritengono non responsabile il Medico poiché rispettoso delle linee guida.

In sintesi è stata respinta l’accusa per il reato di omicidio colposo nei confronti del Medico che nell’intubare il paziente, dopo tre tentativi falliti, ha comunque rispettato le linee guida ed ha correttamente valutato il rischio ridotto prima dell’intervento.

Le parti civile impugnano la decisione di secondo grado in Cassazione. I Giudici di merito respingevano l’ipotesi accusatoria di omicidio colposo in concorso formulata e assolvevano l’imputata.

Nello specifico, al Medico veniva contestato di avere agito con imprudenza, negligenza e imperizia perché, dopo il fallimento di tre tentativi di intubazione della paziente e avere proceduto alla ventilazione forzata,  rilevato un edema nella glottide della paziente, avrebbe omesso di praticare una puntura cricotiroidea e tardato colposamente un intervento di tracheotomia.

I Giudici di Appello nella decisione impugnata, danno atto che il Medico imputato risultava avere rispettato tutte le regole cautelari nella fase di intubazione del paziente. Nel rispetto delle linee guida, dopo aver sottoposto la paziente alla valutazione del rischio, con esito di grado 2, procedeva all’intubazione stante l’assenza di indici di pericolosità della procedura.

Ed ancora, veniva evidenziato che la paziente veniva sottoposta ad anestesia generale l’anno precedente, senza il riscontro di complicanze, e che la terapia cortisonica di alcuni giorni prima non erano elementi dai quali il Medico avrebbe potuto desumere una impossibilità di procedere con l’intubazione della paziente.

Nessuna responsabilità in capo al Medico veniva ritenuta sussistente per i tre falliti tentativi di intubazione del paziente. Le relative manovre risultano eseguite correttamente e dunque non può essere addebitato al Medico imputato nessun asserito ritardo delle pratiche rianimatorie, né l’episodio di ipossia che ha condotto al decesso il paziente, anche in considerazione del fatto che non veniva mai interrotta la somministrazione di ossigeno.

La Suprema Corte ritiene corretta la decisione di secondo grado e rigetta il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di errore medico o infezione ospedaliera? Hai subito un grave danno fisico o la perdita di un familiare? Clicca qui

Leggi anche:

Errato posizionamento delle protesi in mastoplastica additiva

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui