La causa violenta nell’infortunio sul lavoro

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La causa violenta nell'infortunio sul lavoro: rilevanza

La causa violenta nell’infortunio secondo l’Inail  non sussiste e in via amministrativa respinge la domanda del lavoratore (Tribunale di Velletri, sez. Lavoro, Sentenza n. 923/2021 del 03/06/2021 RG n. 2350/2020) .

La causa violenta nell’infortunio , invece, secondo il lavoratore sussiste e cita a giudizio l’Istituto, chiedendo l’accertamento degli esiti invalidanti permanenti in percentuale superiore a quella originariamente riconosciuta dall’Istituto.

Sulla causa violenta dell’infortunio riferisce il lavoratore, in particolare, che:

-Dal 2017 svolge la mansione di autista e che il 4 settembre 2017, intorno alle 15,00, mentre scaricava la merce dal suo furgone cadeva accidentalmente dal retro del mezzo e, a seguito dell’urto, riportava ” frattura scomposta esposta della tibia destra e del perone destro, ferita lacero contusa della gamba destra “, con prognosi di 40 gg s.c., refertate nell’immediatezza dal PS dell’Ospedale.

-Veniva accertata: ” frattura in tre frammenti del malleolo tibiale con distacco ed angolatura del moncone mediale per apertura della pinza tibio-peroneale; minimo scivolamento caudale del moncone prossimale. Frattura spiroide del terzo distale del perone con disassiamento e parziale sovrapposizione dei monconi. Estesa imbibizione edematosa dei tessuti molli periarticolari prevalentemente a carico del compartimento mediale. Presenza di minute formazioni aeree nel contesto del tessuto periarticolare sul versante plantare “.

-Successivamente, il lavoratore denunciava all’inail l’infortunio sulla base della diagnosi ” Arto inf. dx: ipotrofia, algie, infiltrato fibroso caviglia in esiti fratturativi; esiti cicatriziali; limitazione funzionale caviglia” , ma l’Inail rigettava  il riconoscimento dell’infortunio risultando, a suo dire, assente la causa violenta.

Preliminarmente, il Tribunale evidenzia che in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui “il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, principio secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell’evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 c.p. in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni “.

Il CTU ha accertato: “ Esiti di trauma fratturativo pluriframmentario scomposto ed esposto del pilone tibiale e frattura scomposta della diafisi peroneale viziosamente consolidata con sovrapposizione dei monconi, in soggetto con segni di osteoporosi, strumentalmente accertati, esiti consistenti in ipotonotrofia muscolare, limitazione dolorosa e deficit funzionale della tibio -peroneo -astragalica di rilevante entità”. …..” la documentazione sanitaria in atti testimonia un iter clinico caratterizzato da un ricovero per eseguire un intervento chirurgico di riduzione cruenta di frattura di tibia e fibula con fissazione interna; un successivo ulteriore intervento di dispositivo di impianto da tibia e fibula; accertamenti strumentali; visite specialistiche; cicli di FKT successivi testimoni della evoluzione della patologia traumatica. La valutazione medico -legale formulata dai sanitari dell’Inail, in riferimento alla voce numero 292 delle tabelle di legge (fino a 8%) è quindi stata del 5%, la voce numero 36 relativa agli esiti cicatriziali è stata valutata con l’1%. …. nonostante il tempo trascorso e le terapie praticate, permangono esiti a carico dell’arto inferiore destro, consistenti in dolore locale e deficit articolare, da considerarsi ormai a carattere permanente, che causano una evidente compromissione dei parametri indicativi della funzionalità articolare e deambulatoria. Con particolare riferimento alla valutazione della frattura (voce 292 “esiti di fratture biossee della gamba apprezzabili con indagini strumentali con disturbi di circolo in assenza o sfumata ripercussione funzionale” fino ad 8%), considerato che si è trattato di una frattura importante di tipo pluri -frammentario scomposto ed esposto del pilone tibiale e della frattura scomposta della diafisi peroneale viziosamente consolidata con sovrapposizione dei monconi, in soggetto con segni di osteoporosi, ritiene equa una valutazione non inferiore al 7%. Quanto agli esiti cicatriziali e la disfunzione della articolazione tibio -peroneo astragalica e medio tarsica di discreta entità, lievemente aggravata, concorda con la valutazione espressa dai sanitari dell’=NA=L ossia 1% più l’8%. In conclusione, con ragionevole certezza, in conseguenza dell’ infortunio all’assicurato è derivata “una invalidità permanente (danno biologico permanente) complessiva, nella misura del 15% (quindici per cento) della totale in riferimento alle voci dei codici 292, 36 e 294”.

Il Tribunale condivide le risultanze della CTU e, accertato il diritto del lavoratore, condanna l’Inail a corrispondere l’indennizzo in capitale previsto dal D. Lgs. 38/2000 per il danno biologico permanente del 15%, oltre interessi legali e detratto quanto già corrisposto allo stesso.

Rigettata, pertanto, la tesi dell’Inail di assenza della causa violenta.

La redazione giuridica

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