Condotta imprudente e infortunio sul lavoro: la Corte di Appello di Potenza, in riforma della pronuncia del Tribunale, ha accolto la domanda del gruista escavatorista nei confronti del datore di lavoro, diretta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale per l’infortunio sul lavoro subito in data 20.11.2014 (Cassazione civile sez. VI, sentenza n. 1269 depositata il 17/01/2022).
Condotta imprudente e infortunio: la Corte distrettuale ha accolto la domanda rilevando che la condotta imprudente del lavoratore (che, nell’effettuare le operazioni di scarico del materiale trasportato con il camion, poiché il parapetto posteriore non si apriva, rimuoveva lo spinotto forse con un martello, causando l’apertura repentina della sponda che lo colpiva al viso), non era sufficiente ad escludere la responsabilità datoriale, non potendosi, così, configurare neanche il concorso di colpa dello stesso lavoratore.
Condotta imprudente del lavoratore è stata esclusa e accertata una percentuale di invalidità pari al 75% veniva condannato il datore di lavoro al pagamento di Euro 473.531,04 a titolo di danno biologico differenziale.
Per la cassazione della sentenza ricorre, in via principale, il lavoratore, affidandosi a due motivi di ricorso e in via incidentale la società datrice.
Il lavoratore lamenta che la Corte territoriale, accertata la insussistenza di condotta imprudente del lavoratore, trascurava qualsiasi motivazione con riguardo al rigetto delle istanze istruttorie, volte a dimostrare l’ulteriore e grave pregiudizio subito dal ricorrente, oltre al danno biologico accertato in corso di causa, per il deterioramento delle relazioni familiari e sociali, su cui si fondava la richiesta di personalizzazione del danno.
La Corte Suprema esamina congiuntamente i motivi che concernono la responsabilità contrattuale del datore di lavoro in caso di infortunio sul lavoro e gli oneri di allegazione e di prova gravanti sul lavoratore che agisce per l’accertamento della violazione dell’art. 2087 c.c. in relazione agli obblighi di prevenzione e sicurezza che fanno capo al datore di lavoro.
L’art. 2087 c.c. non delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, in quanto detta responsabilità va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, non potendosi esigere da parte del datore di lavoro la predisposizione di misure idonee a fronteggiare le cause di infortunio imprevedibili.
La prova della responsabilità datoriale, ai sensi dell’art. 2087 c.c., richiede l’allegazione da parte del lavoratore, che agisce deducendo l’inadempimento, sia degli indici della nocività dell’ambiente lavorativo cui è esposto, da individuarsi nei concreti fattori di rischio e nel nesso eziologico tra la violazione degli obblighi di prevenzione ed i danni subiti.
legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità del rischio, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall’art. 41 Cost., comma 2, (ex plurimis, Cass. 6337 del 2012);
Ciò posto, la Corte d’Appello ha affermato che l’estensione della norma di protezione postula l’identificazione della concreta fattispecie e delle specifiche modalità del fatto cui ricondurre quell’obbligo di protezione, cioè una compiuta identificazione degli indici di rischio e di pericolosità dell’ambiente lavorativo in cui la prestazione viene resa, con particolare riguardo alle misure di sicurezza che non conseguono da più specifiche disposizioni di legge.
La Corte non ha indicato il rischio specifico esistente, né i concreti fattori di pericolo atti a differenziare la situazione lavorativa in cui si trovava ad operare il dipendente rispetto al generico rischio cui va incontro qualunque individuo, e dunque ha trascurato di individuare la nocività dell’ambiente lavorativo, tale da esigere l’apprestamento di misure appropriate alla situazione, e l’eventuale violazione degli obblighi di protezione posti in capo al datore di lavoro.
La Corte territoriale si è unicamente concentrata sull’analisi della condotta del lavoratore, per verificare la sussistenza o meno se trattasi di condotta imprudente o abnorme e, dunque, per accertare la ricorrenza di un rischio elettivo, profilo che costituisce il limite (unico) alla copertura assicurativa da parte dell’Inail di qualsiasi.
Alla stregua delle esposte considerazioni la Suprema Corte accoglie il terzo, il quarto e il quinto del ricorso incidentale proposto dalla società; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno
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