La decisione selezionata, che deriva da una richiesta danni riportati da un immobile a causa di lavori stradali, si presenta interessante perché scandaglia il contenuto che la giustificazione motivazionale della sentenza di merito deve presentare ai fini dei limiti costituzionali (Corte di Cassazione, II civile, ordinanza 26 giugno 2024, n. 17585).
Il caso
La proprietaria dell’immobile cita a giudizio Autostrade Meridionali s.pa. onde ottenere il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento del danno procurato a causa delle opere di realizzazione di un ampliamento autostradale.
Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava la società a pagare la complessiva somma di 30.412,23 euro, di cui 14.353,95 euro per danno procurato al fabbricato e il rimanente importo di 16.065,28 euro per risarcire il danno da deprezzamento dell’immobile, causato dalla realizzazione di un nuovo muro, che aveva penalizzato l’ampiezza della visione di cui in precedenza l’edificio godeva. Successivamente, la Corte di Napoli conferma il primo grado rigettando il Gravame di Autostrade Meridionali e la vicenda approda in Cassazione.
Sostanzialmente la società Autostrade lamenta che il caso avrebbe dovuto essere regolato attraverso l’applicazione del DPR 327/2001 e, comunque, violazione degli artt. 2043 e 844 c.c.
Il ricorso in Cassazione
Osserva Autostrade che in origine con l’atto di citazione era stato chiesto “il risarcimento dei danni tutti, da specificarsi in corso di causa a seguito di CTU e in via di subordine, ove si fosse reputato che si fosse in presenza di attività lecita dannosa, aveva chiesto la corresponsione dell’indennizzo preveduto dall’art. 44 del D.P.R. n. 327/2001”. Ergo, secondo la tesi di Autostrade, la Corte avrebbe dovuto trarre che si era in presenza della fattispecie regolata dall’art. 44 cit., che sarebbe spettato al Giudice correttamente inquadrare.
Invece, la Corte di Napoli aveva affrontato la questione marginalmente, precisando essere estranee al “thema decidendum sottoposto al giudizio di questa Corte le domande di riduzione in pristino dei luoghi e di pagamento dell’indennità ex art. 44 T.U. n. 327/2001. Infatti, siffatte pretese, per quanto formulate dalla danneggiata nel corso del giudizio di primo grado, non costituivano oggetto di statuizione alcuna da parte del Tribunale. Ne discende che, in difetto della proposizione, ad opera dell’originaria attrice, di un appello incidentale sul punto, nessuna pronuncia s’imponga”.
La Corte di Napoli, quindi, non avrebbe speso motivazione al fine di qualificare il contenuto sostanziale della domanda in seno alla responsabilità aquiliana, nonostante l’accertamento che i pregiudizi lamentati dipendevano dal progetto di riammodernamento del tratto autostradale rientranti nella fattispecie normativa di cui al citato art. 44.
La costruzione di un cordolo sovrastante il preesistente muro, distante trenta metri dall’abitazione della danneggiata, che secondo la decisione aveva ridotto la panoramicità e il soleggiamento del fabbricato, non era stata ricollegata dall’attrice a un’attività illecita, bensì a un atto lecito e, comunque, la decisione non motivava in alcun modo a riguardo del paradigma di cui all’art. 2043 c.c.
La decisione della Cassazione
La S.C. accoglie il ricorso di Autostrade limitatamente al disposto risarcimento per il deprezzamento del fabbricato.
Il “danno” rappresentato dalla diminuzione di valore dell’immobile, causato dall’intervento di ampliamento e ammodernamento autostradale, deve considerarsi derivante da fatto lecito che aveva dato luogo all’occupazione d’urgenza e, di conseguenza, un tale elemento di pregiudizio rientrava nell’accordo sul complessivo indennizzo. Non può ragionevolmente sostenersi che il lamentato pregiudizio fosse non prevedibile, non constando dalla decisione impugnata che vi sia stato un sopravvenuto e non progettato mutamento d’intervento.
È evidente che i danni procurati all’immobile debbono risarcirsi quale illecito extracontrattuale, avendo i Giudici di Appello correttamente condiviso le conclusioni del C.T.U., il quale aveva accertato che essi furono causati dai lavori (escavazioni e scuotimenti).
Non è possibile sostenere, come pretenderebbe Autostrade, che la proprietaria dell’immobile avesse inteso rinunciare al risarcimento di qualsivoglia danno che le fosse stato procurato a causa dei lavori, senza, addirittura preventivamente ipotizzarne entità e limiti. In tal senso il ragionamento svolto dalla Corte di Appello è impeccabile.
Egualmente corretto e specificatamente motivato, da parte dei Giudici di secondo grado, il fatto che la danneggiata abbia inteso domandare esclusivamente il danno da perdita di valore dell’immobile, come disciplinato dall’art. 44 DPR 327/2001.
La giustificazione motivazionale della sentenza di merito
Ciò posto, la S.C. ribadisce che la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del Giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente.
La motivazione apparente, ricorre quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (in tal senso vengono richiamati i precedenti: n. 13977/2019, S.U. n. 22232/2016; n. 6758/2022 e S.U. n. 2767/2023).
Inoltre, è da considerarsi parimenti apparente nel caso in cui la motivazione non risulti idonea a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, “standard”; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Nel caso in esame non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate, essendo del tutto ripercorribile la ratio della decisione e gli accertamenti di fatto che ne sono alla base.
In conclusione, la Suprema Corte cassa la sentenza limitatamente al deprezzamento e il Giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
“il cd. ‘accordo amichevole’, volto a determinare l’indennità di cui all’art. 44 D.P.R. n. 327/2001, salvo l’emergere d’univoca diversa volontà delle parti, è limitato a ristorare il pregiudizio derivante dall’insorgere di una servitù o per una permanente diminuzione di valore dell’immobile per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”.
Avv. Emanuela Foligno