Confermata la condanna per omicidio stradale in relazione all’investimento di un pedone morto per una lacerazione parenchimale polmonare circa un mese dopo l’incidente

Con la sentenza n. 26338/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un automobilista condannato per il reato di cui all’art. 589, comma 2, c.p. per aver provocato il decesso di un pedone in conseguenza delle lesioni riportate dopo un investimento. Nello specifico, la vittima, aveva perso la vita per arresto cardiocircolatorio conseguente alla lacerazione parenchimale della faccia mediale del lobo inferiore del polmone destro e “ad avviso del medico settore, la causa dell’ampia diastasi tra i monconi della colonna, che aveva causato la lacerazione del parenchima-polmonare con conseguente sanguinamento che aveva condotto alla morte il paziente, non poteva che avere un’origine traumatica”, dovuta, pertanto, all’incidente verificatosi circa un mese prima.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva che l’evento morte era intervenuto per la riscontrata grave negligenza degli operatori sanitari cui la vittima veniva affidata a seguito dell’investimento. Anche i c.t. della difesa ritenevano che l’errore dei sanitari circa la mancata diagnosi della lacerazione del parenchima fosse stato di portata tale da integrare la causa eccezionale sopravvenuta di cui al capoverso dell’art. 41 c.p., idonea, di per sé a determinare la produzione dell’evento. 

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la doglianza manifestamente infondata.

Dal Palazzaccio hanno riaffermato che l’eventuale negligenza o imperizia dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale, ancorché di elevata gravità, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito; nella specie, la Corte ha escluso l’interruzione del nesso di causalità in relazione al decesso della vittima per insufficienza cardiocircolatoria con coma da shock emorragico in soggetto politraumatizzato da lesioni stradali, intervenuto a circa un mese di distanza dal sinistro, rilevando che i potenziali errori di cura costituiscono, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale.

I Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che la nozione di “causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento” – che, secondo il ricorrente, sarebbe per l’appunto ravvisabile nel comportamento dei sanitari dell’ospedale che si occuparono della vittima – si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, a condizione però che esso sia caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta.

Con specifico riguardo a comportamenti negligenti dei sanitari nelle cure praticate alla vittima di un precedente evento lesivo, “deve rammentarsi che l’eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorché di elevata gravità, non elide, di per sé, il nesso causale tra la condotta lesiva e l’evento morte, in quanto l’intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell’esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale.

Nella specie però, la gravità delle lesioni riportate dal pedone in esito all’incidente, descritte dal consulente tecnico del P.M., deponeva chiaramente per il verificarsi ab origine di una condizione patologica ad elevato rischio, sulla quale era stata ragionevolmente esclusa la rilevanza probatoria di eventuali, e peraltro non compiutamente dimostrate, negligenze da parte dei sanitari che ebbero in cura la vittima fino al suo decesso; come adeguatamente valorizzato dai giudici del merito “la lesione a carico della spina dorsale non poteva che aver avuto un’origine traumatica dovuta all’incidente stradale”, il seguente errore diagnostico-terapeutico non poteva essere considerato come una causa eccezionale, idonea, da sola, a determinare la produzione dell’evento, in quanto “quell’errore non vi sarebbe stato, o meglio, il paziente non sarebbe stato esposto al rischio del suo verificarsi, se il sinistro stradale non si fosse verificato”.

La redazione giuridica

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