Il giudice di primo grado aveva condannato il presunto ladro, per il reato di furto consumato all’interno dei locali di un supermercato

Secondo la ricostruzione dell’accusa, il ladro sarebbe stato fermato dal responsabile dell’esercizio dopo aver superato la barriera delle casse, perché risultava avesse sottratto un hard disk.

La sentenza veniva confermata anche dai giudici dell’appello.

Cosicché la difesa presentava ricorso per Cassazione, denunciando innanzitutto l’errore di qualificazione del fatto come furto tentato anziché come furto consumato.

A tal proposito, i giudici di merito avrebbero fatto erronea applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 52117/2014. Infatti, l’imputato era stato monitorato dal personale del punto vendita, anche tramite sistema di videosorveglianza interna, già nell’atto di impossessarsi del bene; con la conseguenza che quest’ultimo non era mai uscito dalla disponibilità e dalla sfera di vigilanza del titolare che avrebbe potuto in ogni momento interrompere l’azione criminosa.

Ladro di hard disk: furto tentato o consumato?

Secondo i giudici della Cassazione, il ricorso è infondato.

La pronunzia a Sezioni Unite citata dal ricorrente afferma che, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014).

In realtà, nel caso in esame, non vi era stato alcun monitoraggio dell’azione furtiva da parte del personale addetto, atteso che – stando a quanto risultante tanto dalla sentenza impugnata quanto da quella di primo grado – ciò che aveva provocato l’attenzione e poi l’intervento degli addetti alla vigilanza presso il punto vendita era stato l’allarme sonoro scattato in un momento successivo, ossia non appena l’imputato ebbe a superare la barriera delle casse. L’allarme era stato attivato in quel preciso istante a causa della presenza di un secondo bar code apposto sul bene (il primo era posizionato sulla confezione ed era stato rimosso da quest’ultimo al momento della rimozione delle placche antitaccheggio).

Dunque, la sentenza impugnata è corretta laddove afferma che il ladro deve essere condannato per furto consumato avendo conseguito, sia pure per un tempo limitato, la piena disponibilità della res furtiva.

La redazione giuridica

 

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