Il termine di decadenza per l’esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore va riferito al momento dell’invio delle giustificazioni e non anche alla ricezione delle medesime da parte del datore di lavoro

Perciò, la sanzione disciplinare irrogata prima della scadenza di tale termine è chiaramente lesiva del diritto al contraddittorio del lavoratore.

Il principio è stato di recente affermato dai giudici della Sezione Lavoro della Cassazione, con la sentenza n. 32607/2018.

Il caso

Si trattava di una dipendente delle Poste che, all’esito di un procedimento disciplinare a suo carico, veniva licenziata.

Il provvedimento era stato assunto senza che fossero state valutate le giustificazioni addotte dalla dipendente; posto che esse erano state inviate per raccomandata A/R prima della scadenza del termine di cinque giorni, ma pervenute a quest’ultimo, oltre tale termine.

L’azienda aveva perciò, provveduto ad adottare il provvedimento sanzionatorio espulsivo, senza tener conto di tale circostanza.

La vicenda è importante perché porta l’attenzione al tema del contraddittorio nel procedimento disciplinare a carico di un lavoratore.

Perché il datore di lavoro avrebbe deciso di agire senza tener conto delle giustificazioni della sua dipendente che sebbene, oltre il termine di legge, gli erano pervenute prime che fosse adottato il provvedimento espulsivo?

Per tali fatti, la ricorrente contestava, con ricorso dinanzi al tribunale civile, la nullità della sanzione disciplinare posta in essere nei suoi confronti, per palese violazione dell’art. 7 l. 300/70 e dell’art. 55 c.c.n.l. di settore, posti a tutela del diritto di difesa in materia di lavoro.

Senonché l’azione veniva rigettata, sia in primo che in secondo grado di giudizio.

In particolare, i giudici della corte distrettuale osservavano che il semplice fatto di negare che la lavoratrice avesse prodotto alcuna giustificazione nei termini prefissati e procedere comunque con l’irrogazione della sanzione espulsiva, non potesse essere considerato elemento sufficiente a far presumere l’esistenza di un vulnus al diritto di difesa. Tale decisione, era stata infatti, comunque assunta all’esito delle “risultanze tutte del procedimento disciplinare”.

Il riferimento normativo

Investita della vicenda in esame, la Suprema Corte di Cassazione, dopo aver ribadito che la violazione di dei contratti o accordi collettivi di lavoro nazionali (ai sensi dell’art.360 primo comma n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 del D.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40), è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anche essa comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (art. 1362 c.c.), ha richiamato la disposizione di cui all’art. 55 del CCNL di settore, che testualmente recita:

I. La società non può adottare alcun provvedimento disciplinare. nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito con la tempestività del caso e senza averlo sentito a propria difesa.

II. I provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa (così riproducendo il tenore del comma 5 art. 7 l. 300/70), nel corso dei quali il lavoratore può presentare le proprie giustificazioni.

III. Il lavoratore può presentare le proprie giustificazioni anche verbalmente con l’eventuale assistenza di un rappresentante dell’Associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
IV. La comunicazione del provvedimento deve essere inviata per iscritto al lavoratore entro e non oltre 30 giorni dal termine di scadenza della presentazione delle giustificazioni, in difetto di che il procedimento disciplinare si ha per definito con l’archiviazione.

Il giudizio della Cassazione

Osserva il Collegio che il dato letterale del secondo comma, ove si fa riferimento alla presentazione delle giustificazioni e non anche alla ricezione delle stesse da parte datoriale, è sufficientemente chiaro, laddove fa risalire il termine di decadenza per l’esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore, al momento dell’invio delle giustificazioni e non della ricezione delle medesime da parte del datore di lavoro, non potendo prospettarsi ragionevoli dubbi sull’effettiva portata del significato della clausola (Cass. 3/6/2014 n. 12360, Cass. 10/3/2008 n.6366).

Orbene, in tema di procedimento disciplinare, il termine per la contestazione della mancanza è volto a garantire la tempestività dell’esercizio del potere, in funzione della necessaria tutela del diritto di difesa del lavoratore ed in considerazione del principio del legittimo affidamento sulla irrilevanza disciplinare della condotta (cfr. ex multis, Cass. 13/9/2017 n.21260). Il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, prima della cui scadenza è preclusa, ai sensi dell’art. 7, quinto comma, della legge n. 300 del 1970, la possibilità di irrogazione della sanzione disciplinare, è, dunque, chiaramente funzionale ad esigenze di tutela dell’incolpato (Cass. S.U. 7/5/2003 n.6900).

Nell’ottica descritta, deve perciò ritenersi non conforme a diritto la statuizione con la quale la Corte distrettuale, condividendo le argomentazioni adottate ò dal giudice di prima istanza, ha considerato tardive le giustificazioni rese dal lavoratore benché fossero state spedite, mediante raccomandata A/R, entro il termine di cinque giorni dall’intervenuto ricevimento della lettera di contestazione di addebito da parte datoriale.

 

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