Lavori saltuari svolti dalla ex moglie non fanno decadere il diritto all’assegno di mantenimento (Cass. civ., sez. I, sent., 28 luglio 2022, n. 23583).

Lavori saltuari svolti dalla ex moglie e diritto all’assegno di mantenimento.

Con la sentenza a commento la Suprema Corte ribadisce nuovamente che l’assegno di mantenimento all’ex coniuge ha  natura assistenziale, compensativa e perequativa.

La decisione trae origine dal ricorso proposto da una donna al fine di ottenere il contributo al mantenimento mensile. In particolare, la donna lamenta che si era vista negare l’assegno divorzile pur avendo dovuto sacrificare le proprie attività professionali per provvedere alle necessità dei figli, accontentandosi di lavori saltuari.

La Corte d’appello di Venezia, ha parzialmente riformato, solo in punto di spese, la decisione del Tribunale di Treviso che, nell’ambito del giudizio divorzile aveva dichiarato, con una prima sentenza non definitiva del 2015, la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, e, con sentenza definitiva del 2018, in ordine alle condizioni economiche e ai provvedimenti relativi ai due figli adottati dalla coppia, aveva assegnato la casa coniugale alla moglie, con la quale conviveva il figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, confermato l’affidamento dell’altro figlio minore ai Servizi Sociali territorialmente competenti ed il suo collocamento etero-familiare in struttura comunitaria adeguata al trattamento di specifiche problematiche, nonché a carico del padre l’assegno di Euro 300,00 mensili per il mantenimento del figlio maggiorenne, rigettata la richiesta di assegno divorzile della moglie e le altre domande avanzate dalle parti.

In particolare i Giudici d’Appello, per quanto qui di interesse, osservavano che la donna era commercialista iscritta all’albo, lavorava “a venti ore settimanali, con una proporzionale retribuzione”, che avrebbe tuttavia potuto essere incrementata in relazione all’età della donna (52 anni) ed alla qualifica professionale maturata, mentre il marito era dipendente INAIL, con uno stipendio mensile di Euro 2.100,00 netti e doveva restituire un finanziamento contratto nel 2016, era contitolare con la moglie della sola casa coniugale, per la quale versava la sua quota, del 50%, delle rate di mutuo, e contribuiva al mantenimento del figlio più grande con Euro 300,00 mensili, cosicché le condizioni economiche delle parti dovevano ritenersi equivalenti.

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso della donna, ha evidenziato che è del tutto irrilevante «la generica e astratta possibilità del coniuge di procurarsi lavori saltuari»: un’indagine di questo genere, infatti, «deve esprimersi sul piano della concretezza e dell’effettività, tenendo conto di tutti gli elementi e fattori (individuali, ambientali, territoriali, economico sociale) della specifica fattispecie».

Ed ancora: «il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto».

Oltre a ciò bisogna considerare che il contributo al mantenimento in favore del coniuge non è finalizzato al conseguimento dell’autosufficiente economica, bensì al raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate dal coniuge richiedente.

Sulla scorta di tali principi, i lavori saltuari svolti dal coniuge richiedente non possono giustificare l’affermazione della “esistenza di una fonte adeguata di reddito”, specie a fronte della rilevazione del carattere meramente episodico e occasionale di tale attività, e non potendosi, in tal caso, legittimamente inferire la presunzione della effettiva capacità del coniuge a procurarsi un reddito adeguato.

La redazione giuridica

Leggi anche:

Decesso del coniuge nel giudizio di divorzio: le SS.UU. chiariscono

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui