Il danno psichico patito dalla vittima di stalking (Cassazione penale, sez. V, 15/06/2022,  dep. 20/07/2022, n.28679).

Il danno psichico nel reato di stalking e correlata prova.

Con sentenza emessa in data 11.10.2021, la Corte di Appello di Salerno confermava la sentenza emessa dal Tribunale, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 612-bis c.p., dal 10.10.2010 al 30.4.2014 per aver molestato – con ingiurie, appostamenti, pedinamenti, speronamenti in auto, minacce anche attraverso SMS aventi contenuto offensivo e intimidatorio, la ex moglie cagionandole un danno psichico e un perdurante e grave stato di ansia e paura, tanto da indurla a temere per la propria incolumità e, dunque, a modificare le proprie abitudini di vita – riconosciuta la continuazione con il reato di atti persecutori, commesso dal 14.04.2010 fino al 10.10.2010, in danno della medesima, per il quale l’imputato era stato condannato dalla Corte di Appello di Salerno, con sentenza divenuta irrevocabile, in data 14.06.2019.

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lamentando:

  • con il primo motivo, i vizi di violazione di legge e di motivazione per avere, la sentenza impugnata, affermato la responsabilità del ricorrente, benché non possa ritenersi accertata, alla luce delle risultanze probatorie, la sussistenza del reato di cui in contestazione, posto che il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., può ritenersi integrato soltanto a fronte della effettiva lesione del bene giuridico tutelato e, dunque, di un danno; perché si configuri il reato di cui all’art. 612 bis c.p., occorre, in particolare, che si verifichi uno degli eventi previsti dalla norma e, nel caso di specie, non può ritenersi accertata la verificazione dell’evento che configura la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, da individuarsi nel danno psichico lamentato, nel turbamento dell’equilibrio mentale della persona offesa e segnatamente alternativamente o cumulativamente – nel grave e perdurante stato di ansia o paura ingenerato, nel timore per la propria o altrui incolumità, nel cambiamento delle abitudini di vita.
  • con il secondo motivo, i vizi di violazione di legge e di motivazione, per essere la sentenza impugnata priva della valutazione delle testimonianze a discarico ponendole in relazione alle prove a carico; sul punto la Corte territoriale si limita a dare contezza della sola porzione dell’impianto probatorio atta a sostenere l’accusa mossa nei confronti dell’imputato, tralasciando di valorizzare (e adeguatamente motivare sul punto) il restante complesso probatorio, dal quale, invece, emerge la non colpevolezza del ricorrente.

Il ricorso è inammissibile, siccome generico e, comunque, manifestamente infondato.

Con la prima censura ci si duole genericamente dell’insussistenza degli elementi costitutivi del reato in questione, senza confrontarsi con le ragioni per le quali la sentenza impugnata ha ritenuto l’imputato – già condannato per il reato di atti persecutori neri confronti della moglie per il periodo antecedente a quello in esame – responsabile del delitto in contestazione.

Dalla fase istruttoria è emerso che l’imputato, attraverso l’invio di SMS nel corso dell’anno 2013 fino al 24/04/2014,  la ex moglie è stata pedinata, controllata, offesa, ingiuriata e minacciata, in quanto non voleva che la stessa intraprendesse nuove relazioni sentimentali. Dal gran numero di messaggi, riferibile ad un ristretto arco temporale, è stato ricavato dai giudici di merito, senza illogicità, l’intenzionalità, oltre che la reiterazione dei comportamenti molesti e minacciosi, l’idoneità di essi a creare in capo alla vittima danno psichico e timore per la propria incolumità e quella delle persone care, ovvero un pregiudizio alle abitudini di vita.

Per quanto concerne la censura relativa alla omessa produzione di documentazione medica attestante il danno psichico della p.o. ed il suo stato di ansia, gli Ermellini osservano che la Corte territoriale ha ricondotto, in particolare, nel mutamento delle abitudini di vita l’evento prodottosi nei confronti della p.o., in sé sufficiente ad integrare il reato in questione, in linea con quanto più volte evidenziato riguardo il reato di atti persecutori, secondo cui, “ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, è sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612 bis c.p., (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015 Rv. 265231). In ogni caso, qualora uno degli eventi previsti dall’art. 612 bis c.p., sia identificato nello stato di ansia, la prova di esso può essere argomentata dal giudice anche sulla base di massime di esperienza (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260412), non essendo all’uopo necessaria la documentazione medica, né che la vittima declini con esattezza lo stato emotivo che la caratterizza in dipendenza dell’attività persecutoria subita”.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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