Limiti alla efficacia retroattiva di illegittimità costituzionale

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La controversia riguarda l’accertamento del diritto all’inquadramento, a partire da maggio 2010, nella dirigenza sanitaria non medica, in base ai contratti di lavoro stipulati con la ASL. Si richiede anche la condanna al pagamento delle retribuzioni arretrate e al risarcimento dei danni derivanti dal demansionamento. La richiesta dei ricorrenti, tutti attualmente in servizio presso la ASL con la qualifica di educatori professionali, si basa sull’articolo 18 della legge della Regione Puglia 23/12/2008, n. 45.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale di Lecce accoglieva le domande dei ricorrenti limitatamente al diritto alla retribuzione per il periodo in cui il contratto aveva avuto esecuzione oltre che alla ripetizione delle maggiori somme percepite a tale titolo e recuperati dalla ASL. Rigettava tutte le altre domande proposte dai lavoratori, considerato:

  • a) la sentenza della Corte costituzionale 29/04/2010, n. 150, che aveva dichiarato la illegittimità costituzionale (anche) dell’art. 18 della legge della regione Puglia n. 45 del 2010.
  • b) La condizione risolutiva apposta ai contratti dedotti in giudizio per il caso di eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 18 LR 45/2008 sopra citata.

In secondo grado, la Corte d’appello di Lecce ha ritenuto legittima la caducazione dei contratti di lavoro conclusi a valle della procedura di attuazione dell’art.18 della legge della regione Puglia, in quanto la norma poi dichiarata incostituzionale, non prevedeva alcuna procedura concorsuale interna, valutativa, comparativa o di selezione, per il conferimento degli incarichi dirigenziali. Ergo, richiamati i principi di diritto enunciati da Cass. Sez. Lav. 08/07/2016, n. 14031, ha ritenuto la nullità dei contratti di lavoro per violazione di norma imperativa.

Gli Educatori Professionali si rivolgono alla Corte di Cassazione, che rigetta (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, ordinanza 10 ottobre 2024, n. 26463).

Il ricorso in Cassazione

Deducono la nullità assoluta della sentenza impugnata, in quanto nella intestazione della sentenza risulterebbe indicato un collegio diverso da quello che ha partecipato alla udienza di discussione della causa. Lamentano inoltre che la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge della regione Puglia n. 45 del 2010 non si potrebbe estendere ─ quanto ai suoi effetti ─ ai rapporti esauriti e consolidati, quali i rapporti di lavoro oggetto di causa, perfetti, consolidati ed esauriti “dal punto di vista giuridico” e, dunque, intangibili.

La Cassazione dà atto che la Corte territoriale ha rigettato il gravame per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza appellata; ne consegue la inammissibilità delle censure.

Ad ogni modo, per un verso, viene prospettata la violazione dell’art. 97 Cost., senza però confrontarsi con alcun capo o punto della sentenza impugnata ove la citata disposizione costituzionale sarebbe stata male interpretata o applicata; per altro verso il motivo non deduce alcuna “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, bensì una serie di principi pertinenti alla interpretazione degli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 150/2010.

La corte pugliese ha fatto esatta applicazione dei principi di diritto (viene richiamata Cass. Lav. 14031/2016), in quanto le parti ricorrenti non hanno prospettato la sussistenza di taluna delle ipotesi che secondo il diritto vivente determinano il consolidamento del rapporto giuridico, e pertanto lo rendono immune dalla pronuncia di incostituzionalità.

Non sussiste alcun limite alla naturale efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimità costituzionale.

Al riguardo, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 150/2010, non ha proceduto ad alcuna graduazione degli effetti temporali della dichiarazione di illegittimità costituzionale, ritenendo, dunque, la insussistenza di alcuna necessità di assicurare una tutela sistemica e non frazionata di tutti i diritti di rilievo costituzionali coinvolti dalla decisione. Ciò significa che non sussiste alcun limite alla naturale efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimità costituzionale.

La Corte costituzionale, nella sentenza citata, ha ritenuto che «l’art. 18 della legge regionale in esame, difatti, – stabilendo “l’inquadramento nella dirigenza sanitaria non medica (di cui all’allegato 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, recante norme sullo Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, e alla sentenza del Consiglio di Stato sez. V del 13 luglio 1994, n. 763) del personale laureato non medico, in servizio presso le aziende sanitarie locali (ASL) della regione Puglia con la qualifica di educatore professionale e al quale è stato riconosciuto il possesso del titolo di laurea magistrale” – si pone in contrasto con il principio fondamentale contenuto nel primo periodo dell’art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251, che, nello stabilire la procedura per l’accesso alla dirigenza per i citati profili professionali, prevede la procedura concorsuale «alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del Servizio sanitario regionale», cioè «[…] mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ivi compresa la possibilità di accesso con una specializzazione in disciplina affine».

Seguendo i principi di tale pronuncia è necessario interpretare le disposizioni dettate dall’art. 63 D.Lgs. 165/2001 in conformità con l’art. 97 comma quarto Cost., oltre che con l’art. 134 Cost., e dunque la irrilevanza della scadenza del termine per impugnare gli atti presupposti, oltre che la irrilevanza della loro mancata revoca in autotutela.

Ragionando diversamente, sarebbe del tutto vanificato il principio del concorso pubblico, oltre che quello della naturale retroattività degli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale.

In conclusione, il ricorso viene rigettato con condanna al pagamento delle spese.

Avv. Emanuela Foligno

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