Limiti e funzioni della CTU, confermato il principio per cui la CTU non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, non potendo supplire alla deficienza delle allegazioni o offerte di prova (Corte di Cassazione, I civile, ordinanza 10 febbraio 2025, n. 3346).
Il caso
L’Anas stipulava tre contratti aventi ad oggetto l’appalto integrato per la realizzazione dei lavori sulla SS Salaria, nello specifico di realizzazione del collegamento viario tra la piana di Campo Felice e l’Altipiano delle Rocche.
Successivamente, con tre distinti ordini di servizio, rispettivamente del 13/12/2010, del 14/12/2010 del 15/12/2010, l’Anas ordinava l’immediata interruzione dei lavori.
Dopodiché l’esecutrice dei lavori citava in giudizio l’Anas dinanzi al tribunale di Roma chiedendo che venisse dichiarata la risoluzione dei tre contratti in questione per responsabilità di Anas, con condanna della convenuta al pagamento dei lavori già eseguiti e dei materiali, oltre al risarcimento dei danni conseguenti.
Il tribunale di Roma, con ordinanza del 4/9/2012, respingeva l’eccezione di difetto di giurisdizione. Evidenzia il Giudice di primo grado che “osservato, pertanto, come non venga in questione l’illecito esercizio di un potere amministrativo provvedimentale, ma la mancanza dei presupposti per il suo esercizio, e il recesso contrattuale vada qualificato come recesso per volontà unilaterale della PA ex art. 134 D.Lgs. n. 163/2006, con conseguente attribuzione della controversia alla cognizione del giudice ordinario”.
Detto in altri termini, la prima informativa, dunque, del 23/11/2010 non era più attuale, essendo stata superata dalla seconda informativa, emessa a conclusione della fase di aggiornamento. L’Anas impugnava l’ordinanza del tribunale del 24/8/2012 con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione e la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (1530/2014) dichiarava la giurisdizione del Giudice ordinario.
Il decorso processuale civile
Il tribunale di Roma, con sentenza n. 8233/2016 del 24/2/2016, rigettava la domanda attrice in quanto non risultavano prodotti gli atti con cui veniva disposto il recesso, ma solo le comunicazioni con cui Anas dava atto della sua intenzione, ergo, doveva desumersi che il recesso fosse stato legittimamente effettuato sulla base dell’informativa “atipica” del 21/7/2011, in quanto antecedente ai recessi contrattuali comunicati in data 25/7/2011 ed in presenza, quindi, dei presupposti di cui all’art. 11 [D.P.R.] 252/1998.
Riguardo la domanda subordinata di risarcimento dei danni da asserito inadempimento contrattuale, il Giudice di primo grado ha considerato che “stante la mancata contestazione con conseguente rinuncia alla richiesta di CTU da parte della società attrice, alla stessa era dovuto solo il valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, dunque per la somma di 117.136,10 euro”.
Inutile l’appello proposto avverso tale decisione dalla società esecutrice delle opere.
L’intervento della Corte di Cassazione
La società soccombente lamenta la violazione dei principi sottesi alla normativa antimafia, conseguentemente, “la parificazione” degli effetti delle due informative prefettizie da parte della Corte d’appello, nella parte in cui ha ritenuto che entrambe avrebbero legittimato “l’ente allo svolgimento di valutazione discrezionali” costituisce il presupposto logico errato in base al quale si è ritenuto che il recesso operato da Anas sia stato legittimamente adottato.
Ovverosia, sempre secondo la tesi della società ricorrente, “l’accertamento che il recesso di Anas è intervenuto sulla base delle informative prefettizie interdittiva del 23 novembre 2010, avrebbe comportato […] la illiceità del recesso posta in essere da Anas in data 25 luglio 2011”, in ragione della circostanza che al momento del recesso detta informativa aveva perso la propria efficacia in ragione della nuova certificazione, favorevole all’impresa, pure se accompagnata da una lettera informativa, in data 21 luglio 2011.
Ebbene, il Tribunale di Roma ha affermato che i recessi di Anas sono stati esercitati in presenza dei presupposti che li legittimavano, aggiungendo che “tale conclusione, nella misura in cui sottende la qualificazione del recessi contrattuali in esame quali recessi non vincolanti […] ma discrezionali, non sovverte le ragioni per le quali la Corte di cassazione ha dichiarato giurisdizione ordinaria con riferimento alla presente controversia”.
Limiti e funzioni della CTU
La Corte d’appello ha condiviso tale valutazione, senza disporre la CTU richiesta, avendo la società esecutrice rinunciato alla consulenza in primo grado e non avendo contestato le quantificazioni operate da Anas all’esito della relazione degli stati di consistenza dei lavori effettuati.
Pertanto, a prescindere dalla considerazione che la Corte di Roma ha fatto impropriamente riferimento alla valutazione discrezionale anche in ordine alla prima informativa interdittiva antimafia del 23/11/2010, che invece ha natura vincolante, tuttavia la motivazione della sentenza di primo grado combacia con quella della Corte d’appello, alla stregua dell’interpretazione e della valutazione dei medesimi fatti storici, costituiti dalle due informative antimafia, di diversa tipologia.
Pare, da tali valutazioni, non solo la consapevolezza da parte della Corte di merito della diversa valutazione delle due tipologie di informativa, automatica la prima, e discrezionale la seconda, ma anche l’avvenuta valutazione di merito in ordine alla sussistenza di elementi che, pur non raggiungendo la gravità dell’informativa antimafia interdittiva atipica, comunque avevano dato luogo ad un provvedimento discrezionale di recesso dai contratti.
Inammissibilità di una CTU meramente esplorativa
Venendo, ora, alla inammissibilità di una CTU meramente esplorativa, che vada a sgravare la parte onerata dall’obbligo di allegazione prova dei fatti dimostrativi del proprio diritto, sussiste un orientamento giurisprudenziale di legittimità del tutto consolidato, per cui tale mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, non potendo supplire alla deficienza delle allegazioni o offerte di prova.
Si è affermato, a più riprese, infatti che la CTU costituisce un mezzo di ausilio per il Giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti. Essa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di un perito.
Ne consegue che, qualora la CTU sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l’ammissione da parte del Giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata a tale istituto e la violazione del giusto processo.
Avv. Emanuela Foligno