L’incapacità irreversibile dell’imputato travolge le statuizioni civili

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incapacità irreversibile dell'imputato

Ove la sentenza che accerti l’incapacità irreversibile dell’imputato di partecipare coscientemente al processo intervenga in secondo grado, devono ritenersi caducate ex lege anche le eventuali statuizioni civilistiche della sentenza di primo grado

I giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione hanno disposo la rettifica dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza d’appello che aveva erroneamente omesso di revocare le statuizioni civili disposte dal giudice di prime cure.

La vicenda

Nel 2015, il Tribunale di Vasto condannava l’imputato alla pena di 7 anni di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato continuato di violenze sessuali perpetrate ai danni due minori, entrambe infraquattordicenni.

Secondo l’accusa, l’uomo le aveva costrette a subire atti sessuali, approfittando del suo ruolo di massaggiatore-fisioterapista all’interno di una Polisportiva frequentata dalle persone offese, tutte e due pallavoliste.

Con la predetta sentenza, l’imputato veniva altresì condannato al risarcimento dei danni in favore delle predette, da liquidarsi in separata sede, assegnando ai genitori di ciascuna minore una provvisionale pari a 10.000 Euro.

Colpo di scena in appello, ove il fisioterapista veniva prosciolto per dichiarata incapacità irreversibile, ai sensi dell’art. 72 bis c.p.p..

La vicenda è giunta sino ai giudici della Cassazione su ricorso formulato dai difensori del predetto imputato che, tra gli altri motivi, contestavano la violazione dell’art. 546 c.p.p., commi 1 e 3, per non aver la Corte di appello, revocato le statuizioni civili della sentenza di primo grado, limitandosi solo in motivazione ad affermare che le stesse non potevano essere confermate, ma senza tuttavia, riformare sul punto la pronuncia impugnata.

Ebbene, l’assenza di indicazioni esplicite in tal senso nel dispositivo della decisione di secondo grado, a fronte di una mera “non conferma” menzionata in modo irrituale nella motivazione, doveva ritenersi inidonea a produrre valide conseguenze giuridiche.

La pronuncia della Cassazione

I giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione hanno rigettato il ricorso perché infondato.

Ed invero, la Corte d’appello dell’Aquila aveva riformato la pronuncia di condanna del Tribunale, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’imputato ai sensi dell’art. 72 bis c.p.p., norma introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 22.

Tale disposizione (rubricata: “Definizione del procedimento per incapacità irreversibile dell’imputato“) prevede che “se, a seguito degli accertamenti previsti dall’art. 70, risulta che lo stato mentale dell’imputato è tale da impedire la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice, revocata l’eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non luogo a procedere, o sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca“.

La L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 23 ha poi modificato il comma 2 dell’art. 345 c.p.p. (rubricato: “Difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell’azione penale”), stabilendo che l’azione penale può essere esercitata nuovamente anche quando, dopo che è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per incapacità irreversibile dell’imputato ex art. 72 bis c.p.p., l’incapacità viene meno o è stata erroneamente dichiarata.

L’incapacità irreversibile dell’imputato

Viceversa, se l’incapacità dell’imputato è reversibile, l’art. 71 c.p.p., pure modificato dalla L. n. 103 del 2017, dispone che il procedimento sia sospeso, con nomina di un curatore speciale per l’imputato, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.

«Dunque, la riforma del 2017, nell’affrontare la problematica dei cd. “eterni giudicabili”, – affermano gli Ermellini –  la cui delicatezza era stata già segnalata al Legislatore dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 23 del 2013 e n. 45 del 2015, ha configurato la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo come una sorta di condizione di procedibilità, la cui mancanza, ove sia accertata come irreversibile, impone la definizione del procedimento penale, potendo l’azione penale essere esercitata nuovamente solo ove l’incapacità della persona da giudicare venga meno, o sia provato che era stata dichiarata in modo erroneo».

Per tali motivi, “la pronuncia estintiva delineata dal nuovo art. 72 bis c.p.p., deve ritenersi comunque idonea a travolgere gli effetti scaturiti dall’esercizio dell’azione penale, per cui, ove, come nel caso di specie, la sentenza che accerti l’incapacità irreversibile dell’imputato di partecipare coscientemente al processo intervenga in secondo grado, devono ritenersi caducate ex lege anche le eventuali statuizioni civilistiche della sentenza di primo grado, sulla falsariga di quanto avviene con la sentenza che dichiari l’estinzione del reato per la morte dell’imputato, comportando il sopravvenuto decesso della persona sottoposta a giudizio, la cessazione non solo del rapporto processuale in sede penale, ma anche del rapporto processuale civile inserito nel processo penale”.

La decisione

Quanto al caso in esame, la Cassazione ha stabilito che “la mancanza, nel dispositivo della sentenza impugnata, della formale revoca delle statuizioni civili contenute nella pronuncia di primo grado non integrava alcuna nullità, derivando ex lege dalla declaratoria di improcedibilità dell’azione penale, operata dalla Corte territoriale ex art. 72 bis c.p.p., la perdita di efficacia di tutte le statuizioni della sentenza di primo grado, comprese quelle relative all’esercizio nel processo penale delle pretese civilistiche”.

Dunque, all’omissione nel dispositivo della sentenza impugnata della formale revoca delle statuizioni civili contenute nella pronuncia di primo grado, ben poteva porsi rimedio con la procedura di correzione dell’errore materiale, tanto più che, nella motivazione della sentenza oggetto dell’odierno ricorso, la Corte di appello aveva già evidenziato l’impossibilità di confermare le statuizioni civili, per cui l’unica questione era solo quella di rettificare il dispositivo della decisione”.

La redazione giuridica

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