Deve dichiararsi inammissibile il ricorso per Cassazione presentato senza l’attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza
Ad affermarlo sono stati i giudici della Terza Sezione Civile della Cassazione (n. 14875/2019), i quali hanno anche affermato che “il “deposito in cancelleria” non può “risultare” ufficialmente se non a seguito dell’inserimento dell’atto oggetto di deposito nell’elenco cronologico delle sentenze esistente presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo, non fosse altro perché una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata”.
La vicenda
Con ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato impugnava la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Venezia che l’aveva condannato alla pena di giustizia per il reato di diffamazione.
Sia dall’esame del fascicolo degli atti regolamentari che dall’esame dei fascicoli di parte risultava, prodotta soltanto una copia analogica della sentenza della Corte d’appello “estratta dal fascicolo informatico relativo all’anzidetto procedimento” – come dichiarato nella attestazione di conformità rilasciata in calce alla copia analogica, con sottoscrizione autografa del difensore del ricorrente.
Ebbene, essa risultava priva della attestazione di Cancelleria della data di deposito della sentenza.
Come noto, l’art. 133 c.p.c., non modificato dalla disciplina normativa del processo telematico (D.L. 18 ottobre 2012, n. 79 conv. con mod. in L. 17 dicembre 2012, n. 221), dispone al comma 1 che “la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata”, ed al comma 2 che “il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma…”.
Di recente le Sezioni Unite della Cassazione, in ordine all’attività demandata al Cancelliere, hanno chiarito che ” si tratta di un deposito sui generis sia perché non serve (solo) a custodire la cosa ma (innanzitutto) ad attuarne la pubblicazione (rappresentando lo strumento individuato a questo scopo dal legislatore), sia perché la norma si riferisce chiaramente ad un deposito “in cancelleria” del quale il cancelliere dà atto in calce alla sentenza, ed è evidente che un deposito effettuato presso un ufficio pubblico non può risolversi nella semplice traditio brevi manu della sentenza attestata dal cancelliere, risultando assolutamente indispensabile (in relazione alle conseguenze che debbono trarsene) che esso abbia carattere ufficiale e cioè che nel luogo individuato per il deposito (la cancelleria) questo risulti ufficialmente.
Il deposito in cancelleria
«Ma il “deposito in cancelleria” non può “risultare” ufficialmente se non a seguito dell’inserimento dell’atto oggetto di deposito nell’elenco cronologico delle sentenze esistente presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo, non fosse altro perché una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata. È pertanto l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze il “mezzo” attraverso il quale si realizza ufficialmente il “deposito in cancelleria” della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa, essendo questo peraltro l’unico modo per attribuire significato ad una norma prevedente un deposito che è “strumento” della pubblicazione e al contempo con essa coincide.” (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 18569 del 22/09/2016)».
Al riguardo, – chiariscono gli Ermellini – «occorre distinguere, anche nel processo telematico, la formazione digitale del documento-sentenza da parte del Giudice che, apposta la firma digitale, lo trasmette all’Ufficio di Cancelleria, e la successiva attività di deposito della sentenza che è rimessa al Cancelliere, e solo dal compimento di tale attività, che rende pubblicamente ostensibile la decisione, si determina gli altri effetti processuali, tra i quali la decorrenza del termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c..
Con la sentenza in commento, il Supremo Collegio ha inteso, dunque, dare seguito al principio di diritto secondo cui “in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati” (cfr. Corte cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 24891 del 09/10/2018)».
La decisione
Nel caso in esame, la sentenza di appello depositata dal ricorrente recava soltanto la firma digitale del presidente del collegio e del consigliere estensore.
Mancava, invece, sia la attestazione di deposito del Cancelliere sia il numero identificativo della sentenza attestante l’inserimento dell’atto nel registro cronologico delle decisioni (artt. 28, 33 e 35 disp. att. c.p.c.; D.M. Giustizia 27 marzo 2000, n. 264, art. 13, comma 1, n. 16 “Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari.”): difettando in tal modo, l’attestazione della pubblicazione della sentenza.
Tale verifica non è per nulla irrilevante, posto che “il ricorso per cassazione era stato notificato per via telematica in data 15.9.201 e, trovando applicazione il termine lungo annuale di cui all’art. 327 c.p.c. (essendo stato introdotto il giudizio in data anteriore al 4.7.2009, data di entrata in vigore della riforma della norma processuale disposta dalla L. n. 69 del 2009), la notifica sarebbe risultata tempestivamente eseguita rispetto alla data del 18.7.2016 di pubblicazione della sentenza, al contrario sarebbe stata tardiva rispetto alla data 28.6.2016, in cui era stata emessa la decisione (venendo a scadere il termine di decadenza il 29.7.2017)”.
Per tutti questi motivi, il ricorso è stato dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
La redazione giuridica
Leggi anche:
UFFICIALE GIUDIZIARIO CORREGGE LA DATA SULLA RELATA: E’ IMPUTABILE PER FALSO?