Accolto il ricorso di un professionista contro la decisione del Tribunale di rigettare la sua domanda di liquidazione del compenso all’esito dell’incarico affidato

Con la sentenza n. 26358/2020 la Cassazione ha accolto il ricorso di un CTU contro la decisione dei giudici del merito, all’esito dell’incarico affidato nell’ambito di un procedimento civile, di rigettarne la domanda di liquidazione del compenso poiché rimosso dallo stesso incarico per ricusazione.

Il Tribunale aveva rigettato l’impugnazione del professionista a tale decisione osservando come l’argomentazione critica svolta si fondasse principalmente sulla contestazione del provvedimento che accoglieva l’istanza di ricusazione del consulente, questione che esulava dall’ambito previsto dall’art. 170 dPR 115/02.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente eccepiva che il Giudice avesse ritenuto erroneamente che esulasse dall’ambito della sua cognizione la questione – fondante il diniego del compenso – afferente all’illegittimità del provvedimento di sua ricusazione – non altrimenti impugnabile da parte del consulente – adottato contrariamente alle modalità prescritte dal codice di rito.

Gli Ermellini hanno ritenuto di accogliere la doglianza in quanto fondata.

Dal Palazzaccio hanno chiarito che l’ambito della cognizione riservata al Giudice, individuato dall’art 170 dPR 115/02, è correlato alla liquidazione del compenso compresa l’ipotesi di denegato riconoscimento dello stesso, salvo che sia stata dichiarata nullità della consulenza da parte del Giudice del merito della controversia. In tal ultima ipotesi la certa inutilità nell’ambito del giudizio di merito dell’attività espletata dal consulente tecnico, a seguito della declaratoria di nullità della consulenza, comporta la non liquidazione di alcun compenso da parte del Giudice che ebbe ad incaricare il professionista.

Nella specie, tuttavia la non utilizzabilità dell’opera espletata dall’ausiliario era conseguente all’accoglimento dell’istanza di ricusazione. “Ma è insegnamento di questa Corte, cui questo Collegio intende dar conferma – hanno precisato i Giudici di Piazza Cavour – che la questione afferente l’emissione di un provvedimento di ricusazione quando già avviata l’attività del consulente, ossia fuori dai termini perentori ex ad 192 cod. proc. Civ., è pertinente proprio al procedimento speciale di liquidazione del compenso nei limiti dell’opera effettivamente prestata”.

La regolamentazione codicistica della ricusazione del consulente non prevede alcuna nullità dell’opera da questi prestata, posto che la ricusazione è possibile esclusivamente entro il termine ex art 192 cod. proc. civ., ossia prima dell’affidamento dell’incarico, con conseguente impossibilità fattuale di esecuzione d’opera professionale da parte dell’ausiliario.

Dunque all’adozione di un provvedimento di ricusazione del consulente tecnico, assunto fuori dal termine prescritto, non consegue alcuna nullità positivamente prevista poiché emanato in contrasto con le disposizioni della legge processuale.

Successivamente all’avvio dell’attività d’indagine peritale, la parte interessata, anche se venuta tardivamente a conoscenza di causa di ricusazione, può solo sollecitare il Giudice ad avvalersi della facoltà di sostituzione a sensi dell’art 196 cod. proc. civ., cui non consegue alcuna nullità dell’attività svolta dall’ausiliario. Quindi – ha concluso il Supremo Collegio – “non v’è ragione acché la questione circa la regolarità della ricusazione – motivo direttamente incidente sul diritto alla liquidazione del compenso nell’ambito del procedimento speciale -, sotto il profilo della corretta qualificazione del provvedimento di rimozione adottato, non possa esser esaminata dal Giudice adito ex art 170 dPR 115/02, siccome nella specie rettamente richiesto dal ricorrente e negato dal Giudice”.

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