Rimangono circa 3 milioni gli ‘esodati della sanità’ che devono fare affidamento su familiari o altri caregiver di fortuna

Sono circa un quattro milioni in Italia i pazienti che hanno bisogno di cure a lungo termine. Di questi solo un il 25% viene assistito dal nostro sistema sanitario fra ADI, Hospice e RSA. Tra gli altri 3 milioni, alcuni si possano permettere un’assistenza privata, un badante o un infermiere, ma molti finiscono col gravare pesantemente sui familiari e su altri caregiver ‘di fortuna’.

Questi ‘esodati della sanità’ dovrebbero diventare una priorità della politica. E’ quanto emerge dall’evento “Long Term Care One”, in programma tra ieri e oggi presso il Ministero della salute; un incontro che vuole essere il primo di una lunga serie di appuntamenti dedicati all’assistenza a lungo termine.

“Il principale obiettivo di questi due giorni – ha spiegato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva – è cancellare dal concetto di cronicità quella patina di rassegnazione caratteristica dell’attuale modalità di presa in carico, e a volte di presa in carico mancata, dei pazienti che hanno bisogno di cure continuative a lungo termine. Così abbiamo scelto di superare la definizione stessa di cronicità, e di riferirci alla long term care: per sottolineare che non ci interessa discettare per l’ennesima volta sulle patologie e sulle condizioni che renderebbero necessaria un’assistenza continuativa e a tempo indeterminato, ma piuttosto individuare soluzioni pragmatiche in funzione di servizi da offrire concretamente ai cittadini. E a più cittadini possibile”.

Al centro di “Long Term Care One”, ci sono i nuovi approcci all’assistenza domiciliare, le prospettive offerte dalla tecnoassistenza, le novità in tema di residenzialità assistita, le ultime frontiere nel campo delle cure palliative e le nuove proposte per la gestione della post-acuzie. Per ciascuno di questi ambiti, il convegno prevede il lancio di nuove proposte nonché la presentazione di progetti già in fase di realizzazione.

La “due giorni” organizzata da Italia Longeva si è aperta con un focus sul principale strumento di programmazione e di ridefinizione dell’intera materia dell’assistenza a lungo termine: il Piano Nazionale Cronicità. “Questo strumento – ha spiegato Renato Botti, Direttore Generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute – rappresenta una vera rivoluzione, anzitutto perché si prefigge di realizzare in concreto quella integrazione fra ospedale e territorio di cui si parla da tanto tempo. Per ottenere questa effettiva integrazione, il Piano Nazionale Cronicità farà leva sulla figura di raccordo rappresentata dal medico di Medicina Generale. Per questo è importante che sia correttamente attuata la riforma delle cure primarie: quest’ultima e il nuovo Piano Cronicità sono riforme imprescindibili e legate a doppio filo. L’altra sfida fondamentale – prosegue Botti – è far sì che, nelle macro-aree terapeutiche individuate dal Piano, siano adottate linee d’indirizzo comuni da parte di Regioni che ad oggi hanno Piani Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) differenti. L’obiettivo del Piano è consentire al maggior numero di pazienti di continuare ad essere assistiti a domicilio, e per far questo abbiamo bisogno di valorizzare anche la figura degli infermieri. In generale – ha concluso il DG – promuovere le buone pratiche e diffondere i risultati positivi che saranno raggiunti sono i due cardini strategici del nuovo Piano, che sarà alla firma del Ministro in settimana, arriverà presto in Conferenza Stato-Regioni e dovrebbe essere operativo già dal 2017, perché il documento è già stato analizzato in dialogo con diverse Regioni e quindi dovrebbe essere approvato rapidamente”.

Il tema del progressivo invecchiamento della popolazione, e delle conseguenti ricadute sul sistema sanitario determinate dall’aumento di persone che necessitano di cure a lungo termine, è stato affrontato di recente anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresentata all’evento dal Direttore del Dipartimento della World Health Organization dedicato proprio all’invecchiamento, John Beard. L’OMS, infatti, ha adottato di recente uno strumento definito “Global Strategy and Action Plan on Ageing and Health”, destinato ad assicurare che tutti i Paesi abbiano un sistema di long-term care. “Venire incontro ai bisogni degli anziani con significative limitazioni fisiche, o in generale con perdite di funzionalità fisica – ha detto Beard – può consentire loro di continuare a condurre una vita piena di significato e di dignità, al di là dei limiti fisici. E anche supportare meglio le persone che garantiscono l’assistenza agli anziani, più frequentemente caregiver donne, può consentire di ripartire più equamente l’impatto complessivo delle limitazioni fisiche della terza età, e così permettere anche alle persone che prestano assistenza di avere più tempo da dedicare ad altre attività e aspirazioni”.

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