Spetta al Giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge (Corte di Cassazione, II civile, ordinanza 15 ottobre 2024, n. 26752).
I fatti
Il caso riguarda una compravendita immobiliare di cui viene invocata la simulazione.
Il Tribunale di Avezzano accoglieva la domanda di declaratoria di simulazione assoluta dell’atto di compravendita con il quale O.M. aveva acquistato il fabbricato e del successivo atto di donazione con il quale i medesimi beni erano stati ceduti da O.M. alla madre.
Era dimostrata la ricorrenza dell’accordo simulatorio, in relazione all’apparente compravendita conclusa nel 1999, non avendo i convenuti dimostrato il pagamento del prezzo e non potendo ritenersi vincolante rispetto ai terzi la dichiarazione di intervenuto pagamento contenuta nell’atto pubblico. Secondo il Tribunale la presunzione della natura simulata di tale atto poteva evincersi anche dai rapporti di stretta parentela intercorrenti tra gli alienanti e l’acquirente.
La madre di O.M. propone appello avverso la suddetta decisione, la Corte d’Appello accoglie sia l’appello principale che quello incidentale.
La simulazione del primo atto di compravendita
Il Giudice di prime cure aveva desunto la simulazione del primo atto di compravendita di immobili dai due elementi indiziari indicati nel rapporto di stretta parentela degli stipulanti e nell’omessa dimostrazione del pagamento del prezzo di vendita da parte della compratrice, ritenendo inefficace rispetto ai terzi la dichiarazione dei venditori, contenuta nell’atto pubblico, di aver già ricevuto tale prezzo.
Invece, secondo la Corte, a fronte di una mancata specifica allegazione ad opera degli attori dell’omesso pagamento del prezzo risultante dall’atto di compravendita da parte dell’acquirente (limitandosi essi a dedurre in citazione l’inverosimiglianza del fatto che un soggetto di 22 anni potesse disporre delle risorse necessarie per acquistare un immobile dai propri nonni), alcun onere di provare il pagamento incombeva sui convenuti.
In ogni caso, anche valutando quale ulteriore elemento indiziario l’omessa dimostrazione del pagamento del prezzo ad opera del compratore, unitamente al rapporto di stretta parentela intercorrente tra gli stipulanti del primo atto oggetto di domanda, da essi potrebbe dedursi (laddove non emergente da altri riscontri oggettivi la causa simularteli della vendita, quale ulteriore indizio), al più la volontà delle parti di porre in essere una donazione mascherata dalla formale stipula di una vendita, ma non necessariamente o più verosimilmente un accordo di simulazione assoluta dell’atto, senza volerne alcun effetto.
In altri termini, il rapporto di stretta parentela (come anche la convivenza delle parti sotto lo stesso tetto nell’Immobile oggetto di compravendita, proprio perché stretti parenti, per i 4 anni circa successivi alla stipula del contratto) e l’omesso pagamento del prezzo, di per sé soli, erano infatti del tutto compatibili con la volontà degli stipulanti di realizzare un trasferimento a titolo gratuito di beni dai nonni alla nipote, pur facendolo risultare a titolo oneroso.
L’intervento della Corte di Cassazione
È incensurabile in sede di legittimità l’accertamento della simulazione (o la sua esclusione), quale oggetto dell’Indagine di fatto riservata al Giudice di merito, se non per vizio di motivazione, sul presupposto che è stato dato atto delle ragioni della mancata riconduzione del programma negoziale concreto allo schema legale astratto prefigurato dalla norma. In sintesi, è questo il contenuto della proposta accelerata di definizione che conclude per la inammissibilità delle censure.
I ricorrenti sostengono che la simulazione possa essere provata senza limiti (dunque anche per testimoni e per presunzioni) se ad agire siano i creditori o i terzi, mentre le parti stipulanti possono provare la natura simulata dell’atto dalle stesse concluso soltanto mediante la produzione della controdichiarazione attestante la simulazione assoluta o la simulazione relativa. In particolare, in ordine alla prova del versamento del prezzo – che la Corte di appello non ha ritenuto di accogliere ritenendo che tale pagamento non doveva essere provato dalle controparti, il terzo pregiudicato da un contratto che assuma essere simulato, può provare con ogni mezzo la natura fittizia dell’atto, anche avvalendosi della prova presuntiva.
Le doglianze sono infondate e non offrono argomenti per consentire di modificare la proposta di definizione accelerata.
La prova della simulazione spettava a parte ricorrente
La prova della simulazione spettava a parte ricorrente che aveva agito in giudizio per ottenere la declaratoria di simulazione assoluta dell’atto di compravendita oggetto del giudizio e del successivo atto di donazione, con il quale i medesimi beni erano stati ceduti da O.M. alla madre L.C.
Dunque, i ricorrenti non colgono la ratio della sentenza che non ha applicato alcun limite ex art. 1414 c.c. alla prova della simulazione ma ha ritenuto che in base agli elementi dedotti tale prova non fosse raggiunta potendosi ipotizzare sulla base dei medesimi elementi un animus donandi e dunque una simulazione relativa.
Viene ribadito in proposito che spetta al Giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
È sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile.
La Cassazione rigetta il ricorso con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Emanuela Foligno