I genitori della bambina convenivano in giudizio il Ministero dell’Istruzione per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla figlia e derivanti dalla caduta causata da un compagno. La Cassazione sancisce che, in caso di incidenti a scuola, è onere del docente provare di “non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno” , a causa di un elemento esterno con caratteri di imprevedibilità e inevitabilità.
Il fatto
Nel gennaio 2013, presso una scuola primaria di Pescara, la bambina durante l’orario di ricreazione, in un momento di assenza del maestro, faceva cadere a terra con uno sgambetto il compagno che pochi minuti dopo la colpiva da dietro facendola cadere a terra. La caduta causava la sub-lussazione degli elementi dentali 11 e 21 e la frattura coronale degli stessi.
Il Tribunale di L’Aquila, con la sentenza n. 278/2017, rigettava la domanda. Anche la Corte d’Appello di L’Aquila rigetta l’appello, confermando la sentenza di primo grado e ritenendo sussistente la prova della imputazione causale esclusiva del fatto ad un comportamento imprevedibile di un terzo. In sintesi i Giudici di appello hanno ritenuto che il fatto lesivo sia avvenuto solo per effetto e a causa del comportamento improvviso e violento del bambino e che, inoltre, l’insegnante era presente, avendo prestato egli stesso le prime cure alla bambina. Questo, sempre secondo il Giudice dell’appello, esclude la fondatezza della domanda.
L’intervento della Cassazione
I genitori della vittima sostengono che non vi sarebbe prova dell’effettiva presenza del maestro al momento del verificarsi del fatto dannoso, della dinamica del sinistro, nonché della adozione di misure disciplinari e organizzative preventive o di misure, sempre preventive, ma che tenessero conto degli antecedenti causali. Inoltre, non sarebbero stati correttamente valutati i requisiti della non prevedibilità e della repentinità, in caso di incidenti a scuola, con conseguente loro falsa applicazione.
Le censure sono corrette (Cassazione civile, sez. III, 09/10/2024, n.26360).
In caso di incidenti a scuola e di danni lamentati da un’allieva per fatto altrui avvenuto all’interno della struttura scolastica, con richiesta risarcitoria avanzata dai genitori ai sensi per omissione di sorveglianza e controllo da parte dell’insegnante, nonché per presunta mancata adozione delle misure organizzative atte a mantenere la disciplina tra gli allievi, la Cassazione non si discosta dai principi giurisprudenziali secondo cui:
- v’e una presunzione di responsabilità dell’insegnante per il fatto illecito di un alunno ai danni di altro alunno, per non aver predisposto misure idonee ad evitare il fatto.
- Tale presunzione può essere superata con la prova, a carico del maestro, di “non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno”, a causa di un elemento esterno con caratteri di imprevedibilità e inevitabilità.
La descrizione della dinamica dell’incidente non è determinante
La Corte d’Appello ha ritenuto “assolutamente determinante”, ai fini della prova della imputazione causale del fatto, la descrizione della dinamica del sinistro riportata nell’atto di citazione, dove la caduta della vittima a terra è stata indicata come frutto di una spinta da dietro “improvvisamente” inflitta dal compagno.
Tuttavia, è del tutto pacifico che “le allegazioni contenute negli scritti difensivi sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem non hanno valore confessorio, ma costituiscono elementi indiziari liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento”.
Il principio dispositivo delle prove se, da un lato, consente al solo giudice del merito di valutare le prove acquisite al processo, al contempo, gli impone di pronunciarsi sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito, a prescindere da quale parte processuale provenga, con una valutazione globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica, incorrendo, in caso contrario, in un vizio di motivazione suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
La Corte di appello non ha applicato tali principi in quanto ha fondato la sua decisione unicamente sulla descrizione della dinamica offerta nella citazione.
Pertanto, la Suprema Corte cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno