La Corte d’Appello di Bari, riformando la decisione di primo grado, riscontrava l’omessa vigilanza e condannava il Ministero e la Scuola Materna al risarcimento dei danni patiti dall’alunno caduto per le scale, decisione confermata dalla Cassazione (Cassazione civile, sez. III, 19/01/2024, n.2114).

La vicenda

Un ragazzo, che frequentava l’Istituto comprensivo Scuola materna ed elementare “Pietro Giannone”, è caduto per le scale al termine dell’orario scolastico.
In primo grado veniva rifiutato il risarcimento mentre la Corte d’Appello di Bari (sentenza del 15/7/2021) ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Istituto comprensivo.

Nello specifico i Giudici di Appello rilevavano, diversamente dal primo Giudice, che il danneggiato avesse fornito la dimostrazione che il danno dedotto in giudizio fosse dipeso da una caduta per le scale dell’istituto scolastico convenuto per effetto dell’inadeguata vigilanza (o omessa vigilanza) sugli alunni da parte del personale scolastico preposto, senza che l’amministrazione e l’istituto scolastico convenuti avessero adeguatamente fornito la prova che il fatto fosse dipeso da una specifica causa ad essi non imputabile.

Difatti, l‘Amministrazione scolastica non aveva fornito “elementi in ordine alla propria esenzione di responsabilità”, non aveva offerto “elementi concreti dai quali poter desumere che l’attività di vigilanza ed accompagnamento degli alunni, da parte di insegnanti o personale preposto, all’uscita della scuola, fosse adeguata alle circostanze del caso, in modo da evitare il verificarsi di incidenti”.

In altri termini, secondo i Giudici di Appello, la mancata ricostruzione del sinistro non giova alla Amministrazione, ma al danneggiato.

Il giudizio di Cassazione

Il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Istituto comprensivo Scuola materna ed elementare “Pietro Giannone” propongono ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado.

La Suprema Corte rigetta perché viene censurata la distribuzione degli oneri probatori, la omessa valutazione della natura della condotta addebitata alle Amministrazioni convenute, omessa formulazione del giudizio controfattuale ipotetico sulla condotta asseritamente omessa ai fini del riscontro della relativa responsabilità.

Le censure non colgono nel segno in quanto la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante, in relazione ai danni subiti dall’alunno nel corso delle attività scolastiche, è di natura contrattuale, con la conseguente applicazione della regola dell’art. 1218 c.c.

Pertanto, è onere del danneggiato fornire la prova, anche a mezzo di presunzioni, del nesso di causalità tra l’inadempimento del debitore e il danno subito, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto al proprio onere probatorio, la causa imprevedibile e inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione.

La regola menzionata, affermata in relazione alla responsabilità contrattuale del Medico, trova applicazione anche in relazione all’inadempimento delle obbligazioni diverse dalla prestazione medica, come il caso dell’obbligazione degli insegnanti di sorvegliare l’alunno affidato alle loro cure.

La “comunanza” richiamata dalla S.C. non è errata. Infatti, mentre da un lato viene in rilievo un facere professionale caratterizzato da un elevato contenuto tecnico (come quello proprio del Medico), dall’altro si tratta di prestazioni di facere (come quelle degli insegnanti in relazione alla sorveglianza dell’alunno affidato alle loro cure) viceversa connotate da modalità (o forme) di adempimento che, seppur caratterizzate da una minore specificità tecnica, si segnalano per una maggiore “tipicità sociale”, ossia per la relativa individuabilità attraverso il ricorso alla descrizione di regole o modelli propri di senso comune.

La prova dell’omessa vigilanza

Proprio tali “modelli di senso comune” assicurano la descrizione di misure di vigilanza o di controllo dei comportamenti dei minori che appaiono di per sé tali a garantire la minimizzazione dei rischi connessi alla verificazione di conseguenze dannose o, quantomeno, delle conseguenze dannose maggiormente o più agevolmente prevedibili.

Ebbene, calandoci nel caso in esame, l’alunno della scuola elementare cadeva dalle scale in corrispondenza del termine dell’orario delle lezioni in presenza dell’insegnante; e dunque già il fatto di per sé fornisce elementi di carattere presuntivo idonei ad attestare il ricorso di un preciso nesso di causalità tra il danno denunciato e l’inadempimento per condotta omissiva contestata all’insegnante presente in loco.

Per tale ragione la dinamica della caduta del bambino è del tutto irrilevante ai fini della prova del nesso causale, come difatti motivato correttamente dai Giudici di secondo grado. Ne consegue che non vi è stata una errata distribuzione degli oneri probatori tra le parti.

Venendo al lamentato omesso giudizio controfattuale, in realtà i Giudici di Appello hanno passato al vaglio l’ipotetico comportamento alternativo corretto degli organi scolastici ricostruibile sul piano controfattuale, sottolineando come questi ultimi non avessero fornito alcun elemento da cui desumere che l’attività di vigilanza e di accompagnamento da parte del personale proposto, all’uscita da scuola, fosse adeguata alle circostanze del caso in modo da evitare il verificarsi di incidenti: vigilanza ed accompagnamento che, laddove scrupolosamente e adeguatamente assicurate, avrebbero presumibilmente scongiurato il verificarsi del danno.

Avv. Emanuela Foligno

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