La sentenza di seguito è interessante perché i giudici di Cassazione ricordano quali conseguenze sul lavoro può causare un danno alla salute e quali sono i criteri per il risarcimento. In questo caso la vittima cita a giudizio l’assicurazione e il proprietario del camion deducendone la responsabilità per il sinistro avvenuto il 06/4/2010.

Il caso

A fondamento della pretesa, la vittima assume che, mentre percorreva a piedi la strada sul lato destro, veniva investito dall’autocarro il quale, nell’effettuare una manovra in retromarcia, non accorgendosi della sua presenza, lo investiva. Deduce, inoltre, che, in conseguenza dell’investimento, subiva gravi lesioni alla gamba sinistra per la cura delle quali veniva condotto dallo stesso conducente del camion presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria delle Grazie.

Il Tribunale di Napoli dichiara l’esclusiva responsabilità del camion nella causazione del sinistro, e, per l’effetto, condanna l’assicurazione a pagare in favore della vittima l’importo di 345.053,30 euro, detratto quanto dal medesimo già riscosso a titolo di provvisionale, oltre agli interessi legali.

La vittima propone appello, che viene rigettato e, successivamente, propone ricorso per Cassazione.

Il ricorso in Cassazione

Lamenta, in sintesi, il mancato riconoscimento del danno patrimoniale futuro, conseguente alla compromissione dell’integrità fisica accertata nel corso del giudizio di primo grado nella rilevante misura del 38%, idonea a far presumere la perdita della capacità di lavoro specifica.
La Corte di Appello avrebbe errato per non avere considerato la contrazione del reddito e nell’avere negato il risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica pur in presenza di una grave compromissione della integrità fisica del danneggiato, che proprio in quanto tale costituirebbe idonea prova della voce di danno di cui si invoca il risarcimento.

Tulle le censure vengono respinte.

La Corte di Cassazione ritiene che il danneggiato non si sia adeguatamente confrontato con la ratio decidendi delle sentenze di merito. Il Giudice di secondo grado ha dato atto che non risulta dimostrata la contrazione dei redditi della vittima dopo il sinistro e che tale tipo di danno non può essere valutato attraverso un giudizio prognostico e in assenza di documentazione.

Il danno alla salute e le conseguenze sul lavoro

Ad ogni modo, la Corte ricorda che una lesione della salute può riverberare tre tipi di conseguenze sul lavoro svolto dalla vittima:

  • (a) maggiore stancabilità o minore efficienza nello svolgimento dell’attività lavorativa (c.d. danno alla cenestesi lavorativa);
  • (b) perdita del lavoro, e di conseguenza del reddito;
  • (c) conservazione del lavoro, ma con riduzione del reddito, tanto in atto quanto in potenza.

Il primo (cenestesi lavorativa) è un danno non patrimoniale del quale il Giudice deve tenere conto nella liquidazione del danno biologico attraverso una adeguata personalizzazione del risarcimento.

Il secondo e il terzo sono danni patrimoniali, ergo il relativo risarcimento da incapacità di lavoro e di guadagno può essere accordato non già a chi si limiti a dimostrare di avere subito lesioni personali, ma soltanto a chi deduca e dimostri che, a causa di quelle:

  • (a) ha perso in tutto od in parte il proprio reddito;
  • (b) pur avendo conservato il proprio reddito in atto, in futuro tale reddito si contrarrà, ovvero crescerà meno di quanto non sarebbe avvenuto in assenza del danno.

Ebbene, sul punto la motivazione della Corte di appello è del tutto corretta laddove ha affermato: “sicuramente sussiste, come evidenziato dall’appellante stesso, il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, consistente nella maggiore usura, fatica e difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa, ma detto danno, di natura non patrimoniale, non incidente sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute”. (cfr. Cass., 28/06/2019, n.17411; il principio è ribadito dalla recente Cass., 12/06/2023, n. 16628).

La riduzione della capacità di lavoro non esonera il danneggiato dalla prova del reddito

Ragionando in tal senso è ben vero che la riduzione della capacità di lavoro comporta la presumibile riduzione della capacità di guadagno, ma non esonera il danneggiato dalla prova del reddito: la presunzione copre solo l’an dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il Giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare (Cass., 15/06/2018, n. 15737).

La Corte di merito, nell’affermare che il danneggiato non ha dimostrato la contrazione dei propri redditi dopo l’infortunio, né che è possibile effettuare (essendo il danno da perdita di capacità lavorativa specifica di natura patrimoniale) in assenza di idonea documentazione offerta sul punto, e non potendo a tale assenza sopperire il potere di liquidazione equitativa, un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della vittima, ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali della materia (Cassazione Civile, sez. III, 18/04/2024, n.10588).

Avv. Emanuela Foligno

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