Il Tribunale di Foggia condannava il datore di lavoro alla pena di 1.600 euro di ammenda con riguardo ai reati di cui al D.Lgs. n. 82 del 2008, art. 28 comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 55, comma 4, nonché art. 37, comma 1 e art. 55, comma 5.

La decisione viene impugnata in Cassazione. Il soccombente deduce la adeguatezza del DVR (Documento di valutazione dei rischi) rispetto alle prescrizioni di legge e la non riconducibilità del lavoratore infortunato alle proprie dipendenze.

Le censure sono infondate.

Gli Ermellini evidenziano che il ricorrente svolge, praticamente, una inammissibile personale rivalutazione dei dati.

La sentenza impugnata contiene, in realtà, una motivazione analitica e coerente, fondata sulle dichiarazioni del tecnico della prevenzione. Questi, intervenuto in loco in occasione di un infortunio occorso ad un lavoratore nell’ambito di una attività di raccolta delle olive gestita dalla Società Cooperativa – di cui era all’epoca dei fatti amministratore unico l’imputato – ha illustrato il rinvenimento di un DVR privo della valutazione dei rischi inerenti specificamente alla raccolta delle olive, oltre che della valutazione dei rischi derivanti dalla presenza di lavoratori stranieri, poi integrato dall’imputato con il deposito di altro DVR. Questo secondo DVR,  inerente l’attività di raccolta di olive, tuttavia risulta privo di data certa delle prescritte sottoscrizioni e delle quantità e qualità dei macchinari utilizzabili, in uno con le loro caratteristiche essenziali.

Oltre a ciò dall’audizione dei testi è emersa la omessa formazione dei dipendenti, compreso il lavoratore infortunato.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento e di versare la somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende (Cassazione penale, sez. III, dep. 29/11/2023, n.47689).

Avv. Emanuela Foligno

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