Tribunale e Corte di Appello riconoscevano la colpevolezza del datore di lavoro per la violazione delle norme sulla sicurezza e l’infortunio del lavoratore. La Cassazione rigetta il ricorso dell’imputato e conferma le sentenze (Cassazione penale, sez. IV, dep. 12/12/2023, n.49300).
L’infortunio
Il lavoratore, accortosi dell’uscita dal supporto della catena che traslava le teglie calde, cercava di rimetterla nella sede sollevandola, ma, avendo i guanti calzati, uno di essi era rimasto impigliato determinando l’amputazione della falange distale del dito indice nonché fratture e lacerazioni di altre dita.
Il macchinario era costituito da rulli sui quali scorrevano le teglie appena uscite dal forno e da due catene, che, sollevandole, traslavano le teglie lateralmente. Da tempo una catena usciva frequentemente dal pignone di trascinamento, inconveniente segnalato agli addetti alla manutenzione e al direttore di stabilimento mediante varie e-mail. L’infortunato, operaio esperto, aveva frequentato i corsi di formazione organizzati periodicamente, premeva tardivamente il pulsante rosso di emergenza del macchinario in occasione dell’infortunio.
La vicenda giudiziaria
La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cuneo del 10 novembre 2020, riduceva ad 200 euro di multa la pena inflitta nei confronti del datore, in quanto, in concorso con (giudicato separatamente) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’unità produttiva della Colussi S.p.A., omettendo, nonostante ripetute segnalazioni, di operare la corretta manutenzione sul forno linea Orlandi ed in particolare sullo scorrimento di una catenaria che si avvolge sulla puleggia nonché di predisporre adeguati strumenti protettivi idonei a prevenire rischi di contatto con parti meccaniche del macchinario da parte dei lavoratori, cagionava al dipendente lesioni personali gravi consistite nell’amputazione della falange distale del dito indice della mano sinistra e in fratture e lacerazioni delle altre dita.
Il datore ricorre per la cassazione della sentenza
Deduce che il lavoro su un macchinario i cui dispositivi di sicurezza sono usurati, malfunzionanti o rotti non costituiva attività su cui dovesse essere espletata una valutazione del rischio, in quanto la messa a disposizione di un’attrezzatura in siffatte condizioni di sicurezza è vietata. La valutazione del rischio contenuta nel DVR, secondo la tesi dell’imputato, deve essere quella relativa ai rischi a cui è esposto il lavoratore nonostante la presenza ed il corretto funzionamento dei sistemi di sicurezza.
Ed ancora, sempre secondo la tesi datoriale, spetterebbe all’RSPP un ruolo di collaborazione tecnica nell’individuazione del rischio e nel suggerimento dei presidi per ovviarvi. Il rischio si era creato a seguito del malfunzionamento del sistema di sicurezza, per cui l’RSPP non poteva rilevarlo al momento della valutazione del rischio. L’RSPP, quale consulente tecnico del datore di lavoro, deve rilevare l’eventuale insufficienza del guidacatene come riparo per il lavoratore; mentre spetta al solo datore di lavoro garantirne l’efficienza. Il guidacatene costituiva un valido riparo cosicché; correttamente, non aveva individuato rischi specifici; ii malfunzionamento costituiva un problema di efficienza dell’attrezzatura, il cui solo controllo è posto dalla legge a carico del datore di lavoro.
La nomina del RSPP non solleva il datore di lavoro dalle responsabilità
Le censure non colgono nel segno in quanto il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, essendo consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate.
II RSPP può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.
Sul punto la S.C. ha più volte ricordato che la nomina del RSPP non costituisce una delega di funzioni e non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità.
Pertanto, il ragionamento della Corte di Appello è del tutto corretto.
La Corte, infatti, ha evidenziato l’epoca risalente del difetto del macchinario, rappresentato dall’uscita di una delle catene dal pignone di trascinamento e più volte segnalato agli addetti alla manutenzione del macchinario e degli opportuni interventi da eseguire per ovviare all’inconveniente.
Avv. Emanuela Foligno