Il medico cardiochirurgo cita a giudizio i 3 medici che hanno disposto il TSO secondo lui illegittimo (Cassazione Civile, sez. III, 22/04/2024, n.10735).

Il caso

La Corte di Roma rigetta l’appello del cardiochirurgo avverso la sentenza con la quale era stata respinta la domanda risarcitoria da lui proposta contro i dottori Za.Da., Lo.Lu. e Ma.Fa. per i danni alla persona, all’immagine e alla libertà personale derivatigli dal TSO, asseritamente illegittimo, disposto nei suoi confronti nel settembre/ottobre del 2010.

Oltre che inammissibile ex art. 342 c.p.c., il gravame è stato ritenuto anche infondato“…per la ragione più liquida data dall’emergere in tutta evidenza l’assenza sia dell’elemento oggettivo da cui potrebbe scaturire una responsabilità contrattuale o extracontrattuale dei sanitari intervenuti, sia dell’elemento soggettivo”.

La corte di Appello ha ribadito la legittimità dell’assoggettamento a TSO sussistendone tutti i presupposti all’epoca dei fatti, essendo irrilevanti il posterius della vicenda e le successive condizioni di salute del cardiochirurgo.

La relazione del CTU

Richiamati ampi stralci della relazione resa dal CTU del 27 giugno 2011 nel separato procedimento per la nomina di amministrazione di sostegno – la quale nelle conclusioni esprimeva la valutazione secondo cui il paziente è affetto da un Disturbo Delirante Cronico di cui ha una scarsa consapevolezza e che, almeno in passato, e in una condizione di probabile stress lavorativo, ha comportato l’insorgenza di uno scompenso psicotico acuto con disturbi del comportamento” – ha osservato la Corte territoriale che da esse emerge “la correttezza della diagnosi effettuata dai sanitari dell’ASL, tale da avvalorare non solo la piena necessità di accertare la condizione psichica del cardiochirurgo, ma la doverosità del trattamento sanitario obbligatorio, effettuato nel settembre 2010”.

La circostanza che il PM avesse richiesto la nomina di un amministratore di sostegno e che tale richiesta sia stata rigettata non ha alcuna incidenza, data la diversa finalità del TSO rispetto all’istituto dell’amministrazione di sostegno. L’insussistenza dei presupposti per disporre la misura dell’amministrazione di sostegno non erano, infatti, fondati sulla insussistenza dei presupposti per l’assoggettamento a TSO che, in realtà, il CTU ha confermato.

Il giudizio di Cassazione

Per quanto qui di interesse, il chirurgo censura la sentenza impugnata laddove ha affermato, in asserito parziale contrasto con la correlata statuizione della sentenza di primo grado, che “emergono in tutta evidenza l’assenza sia dell’elemento oggettivo da cui potrebbe scaturire una responsabilità contrattuale o extracontrattuale dei sanitari intervenuti, sia dell’elemento soggettivo” e, di conseguenza, per aver ritenuto provata, in violazione dei criteri di riparto del relativo onere, la sussistenza dei presupposti (urgenza, rifiuto dell’interessato e impossibilità di adottare misure extraospedaliere) per l’esecuzione del TSO.

Inoltre, il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia deciso di rigettare la domanda in base alla ragione più liquida rinvenuta nella relazione di CTU del 27 giugno 2011, “senza tener conto alcuno del revirement operato dallo stesso CTU: revirement nel decreto di rigetto al ricorso per ADS presentato dal P.M.”.

In sostanza, da un lato la Corte di appello afferma essere irrilevanti i fatti posteriori al TSO del settembre 2010, dall’altro lato, contraddittoriamente, fonda però la propria decisione essenzialmente sulla CTU del giugno 2011.

Le motivazioni della Suprema Corte

Preliminarmente, la S.C. evidenzia che nel caso in cui il giudice di appello, dopo aver rilevato – nella motivazione della sentenza – che l’appello sarebbe inammissibile per difetto di specificità dei motivi, abbia comunque esaminato i motivi stessi nel merito ritenendone l’infondatezza, il giudice del gravame non ha inteso spogliarsi della propria potestas iudicandi, ma – piuttosto – ha inteso rafforzare la propria decisione di mancato accoglimento del gravame con una ragione alternativa ad abundantiam, che tuttavia è rimasta fuori dalla decisione finale di “rigetto” nel merito dell’impugnazione.

E ancora, non sussiste la dedotta violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova: la Corte non ha giudicato in base ad essi ma ha ritenuto positivamente accertata la correttezza della condotta professionale dei sanitari coinvolti nella vicenda. La censura sul punto mira a sollecitare una inammissibile rivalutazione del materiale istruttorio.

Nel caso concreto non è ravvisabile alcuna delle gravi anomalie argomentative individuate dal ricorrente. Piuttosto, è la censura a porsi chiaramente al di fuori del paradigma tracciato dalle Sezioni Unite nella misura in cui pretende di ricavare un siffatto vizio della sentenza da elementi estranei alla motivazione stessa (sostanzialmente anche in questo caso allo scopo di ottenere una rilettura del materiale istruttorio e segnatamente della relazione del CTU del 2011).

Non vi è contraddizione nelle motivazioni dei Giudici di appello che risultano perfettamente comprensibili.

Per tutte le ragioni indicate, La Cassazione rigetta integralmente il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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