Il 29 dicembre scorso la Procura di Torino ha chiuso il fascicolo d’inchiesta relativo alla morte avvenuta nell’agosto del 2015 in seguito a un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) di Andrea Soldi, un uomo di 45 anni affetto da schizofrenia.

Per quel decesso la Procura ha rinviato a giudizio tre agenti della polizia municipale e lo psichiatra che aveva in cura il ragazzo. I testimoni presenti quel giorno continuano a sostenere che ci fu un uso della forza eccessivo; nei fatti l’uomo è deceduto per soffocamento ancor prima di giungere al pronto soccorso. Per una pura casualità sulla terza rete Rai, la sera prima, quella del 28 dicembre, è andato in onda il film documentario “87 ore” che racconta invece la tragica vicenda di Francesco Mastrogiovanni, insegnante elementare morto anch’egli in seguito ad un TSO, il 4 agosto 2009, dopo 87 ore passate legato ad un letto di contenzione (mangiando una sola volta e ingerendo pochissimi liquidi) nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania.

Per quella morte sono stati condannati in primo grado 6 medici in servizio in quei giorni mentre nel processo d’appello il Procuratore della Repubblica ha chiesto anche la condanna degli infermieri che avrebbero avuto il compito di accudire il paziente. Due storie distanti, geograficamente parlando, che però hanno riacceso il dibattito sull’uso o, secondo alcuni, l’abuso di quello che in acronimo si definisce ormai convenzionalmente TSO.

Secondo il prof. Antonino Anselmi specialista in Psichiatria e criminologia presso la Sapienza- Università di Roma, il trattamento sanitario obbligatorio rappresenta soltanto «l’estrema ratio quando i tentativi di persuasione non siano andati a buon fine ed in ogni caso quando il paziente mostri chiaramente di non aver coscienza della propria condizione divenendo eventualmente pericoloso per se e per gli altri», concordando dunque con le dichiarazioni rilasciate qualche mese fa  da Emilio Sacchetti, presidente della Società italiana di psichiatria, chiamato in causa dal Corriere.

Il trattamento in questione, appositamente normato in base agli artt 1-5 della legge 833 del 23 dicembre ’78, ha una durata massima di 7 gg precisa Anselmi ed eventualmente può essere prorogato qualora si presentino casi di particolare gravità. Stando alle indicazioni che si possono leggere sul sito del Ministero della Giustizia: “ Entro 48 ore dal ricovero il provvedimento deve essere trasmesso al giudice tutelare. Il giudice tutelare nelle 48 ore successive deve provvedere, convalidandolo o non convalidandolo. Se il T.S.O. non viene convalidato, il sindaco deve disporne l’immediata cessazione.” 

Ma di abuso il prof Anselmi non ne vuol sentir parlare: «La tendenza generale è quella di non farvi ricorso se non in casi limite, anche perché in casi di pericolosità reale un non intervento ci renderebbe passibili di conseguenze nella misura in cui non abbiamo agito per tempo». Insomma in alcuni casi è inevitabile, ma, alla luce delle ultime vicende di cronaca conclusasi drammaticamente, qualcosa, forse, va rivisto.

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