Fratture smalto-dentinali dell’alluno di terza elementare (Tribunale Vercelli, sez. I, 27/02/2023, n.87).
Alunno di terza elementare scivola nel bagno della scuola e riporta fratture smalto-dentinali.
I genitori del bambino citano a giudizio il Ministero dell’Istruzione onde vederne accertata la responsabilità per i danni derivanti dalla caduta provocata dal pavimento bagnato.
Gli attori hanno esposto:
1) Nell’anno scolastico 2017/2018 il figlio frequentava la terza elementare presso l’Istituto Comprensivo “Don Evasio Ferraris” in Cigliano;
2) Il giorno 20/11/2017 il bambino., mentre si trovava a scuola si recava, previa autorizzazione delle maestre, presso i servizi igienici per lavarsi le mani;
3) Giunto ai servizi scivolava a causa del pavimento bagnato, sbattendo violentemente la bocca sul lavabo e cadendo per il contraccolpo a terra, sbattendo anche la testa.
4) Il bambino veniva prelevato a scuola dalla madre, avvisata dell’accaduto, e subito visitato cui seguiva diagnosi di “fratture smalto -dentinali senza interessamento pulpare dei margini incisali di 1.1 e 2.1” ;
5) Dopo pochi giorni il bambino veniva nuovamente visitato dall’Odontoiatra, il quale rilevava l’assenza di “sintomatologia dolorosa e la positività al test della percussione”; e raccomandava “di monitorare periodicamente il mantenimento della vitalità degli elementi 1.1 e 2.1 finanche alla maggiore età del soggetto, in quanto in seguito a trauma dentale non è prevedibile se e quando il tessuto pulpare degenererà o andrà in necrosi”;
6) Dal punto di vista funzionale ed estetico l’Odontoiatra consigliava “la ricostruzione delle porzioni dentali fratturate mediante otturazioni in composito”, cui il bambino si sottoponeva nella primavera del 2018;
Il Ministero convenuto non si costituiva in giudizio, rimanendo contumace.
Il Tribunale passa in rassegna la natura della responsabilità invocata a carico del convenuto. “La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, c.c.. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa, pertanto, non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso”.
Riguardo al regime di ripartizione dell’onere probatorio, viene ribadito che nel caso di danno cagionato dall’alunno a sé stesso, la responsabilità della scuola e degli insegnanti non ha natura extracontrattuale. Conseguentemente il regime probatorio è quello recitato dall’art. 1218 c.c., onde il danneggiato deve provare che l’evento dannoso si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto scolastico, mentre la scuola ha l’onere di dimostrare che l’evento è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.
In tema, la Suprema Corte ha specificato: “Quanto alla distribuzione dell’onere della prova è convincimento che non sia sufficiente, al fine di veder accolta la propria domanda risarcitoria, allegare l’inadempimento, occorrendo altresì la prova che il danno occorso sia legato da nesso di derivazione causale al comportamento inadempiente. Colui che si assume danneggiato ha l’onere, infatti, di dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto asseritamente inadempiente e il danno di cui chiede il risarcimento. La previsione dell’art. 1218 c.c. esonera il creditore dell’obbligazione asseritamente non adempiuta – in questo caso l’obbligazione di garanzia nei confronti degli allievi – dall’onere di provare la colpa del debitore, ma non da quello di dimostrare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui si chiede il risarcimento.”
Tradotti tali principi al caso concreto, è necessario accertare non solo che la caduta si è verificata durante l’orario scolastico, ma anche la violazione dei doveri assunti da parte della scuola.
Ebbene, gli attori hanno allegato le modalità del sinistro occorso al bambino, quando lo stesso era nelle cure degli insegnanti e del personale scolastico; dalla dinamica dell’evento, si evince che la vittima non è stata adeguatamente sorvegliata, specie in rapporto all’età all’epoca del fatto (8 anni).
Per tali ragioni la domanda viene ritenuta fondata e il Tribunale liquida il danno accertato dalla CTU Medico-Legale.
Il Consulente ha riferito che “…sugli elementi dentari 16 e 26 si osservano delle sigillature sui solchi principali; gli altri denti risultano indenni da processi patologici o traumatici, a parte i denti 11 e 21 che presentano entrambi una ricostruzione in composito a livello del 3° incisale e medio. I denti 11 e 21 sono negativi alla percussione e positivi ai test di sensibilità, per cui si può pensare ad una vitalità conservata…..Gli altri elementi dentari non presentano danni di origine traumatica”.
Il C.T.U., ha espressamente escluso l’esistenza di un danno biologico permanente: “Le lesioni non complicate ai denti 11 e 21 parrebbero non avere compromesso la vitalità e stabilita dei denti e tale dato è confortato dal fatto che tali elementi dentari sono sottoposti a forze ortodontiche per cui il C.T.U. non riconosce un danno biologico permanente”.
Il Giudice, tuttavia si discosta da tale ultima considerazione del CTU, considerandola “intrinsecamente fallace in quanto, se sussiste necessità di effettuare periodici rinnovi agli incisivi danneggiati del bambino, significa anche che il danno (sia estetico sia all’integrità dei due denti) sussiste in via definitiva, sicché in questi termini si condivide la valutazione del consulente di parte che ha stimato il danno non patrimoniale permanente in 0,5% (metà punto percentuale).”
Conclusivamente, il Ministero viene condannato a risarcire l’importo complessivo di euro 6.262,00, oltre spese di lite e di CTU.
Avv. Emanuela Foligno
Leggi anche:
Banchina dissestata sulla strada provinciale e caduta dell’utente