Sinistro stradale e collusione fraudolenta (Cassazione civile, sez. III, 20/04/2023, n.10731).

Collusione fraudolenta in tema di sinistro stradale.

Il terzo trasportato citava dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno l’Assicurazione e il proprietario del veicolo  chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il 12 marzo 2000, assumendo che al momento del sinistro era trasportato sul veicolo di proprietà del convenuto.

L’Assicurazione sosteneva che l’attore al momento del sinistro non era trasportato sul veicolo del proprio assicurato, ma ne era il conducente e che, pertanto, l’azione giudiziale era il frutto di una collusione fraudolenta tra i due soggetti.

Il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava la domanda, ritenendo che l’attore non avesse dimostrato la propria qualità di trasportato. Il Tribunale perveniva a tale conclusione considerando che sul parabrezza del lato del conducente era presente una grande macchia di sangue, compatibile con le estese lesioni craniche e facciali riportate dall’attore che si dichiarava trasportato.

La Corte d’appello di Ancona respinge il gravame ritenendo anch’essa che il danneggiato non avesse dato la prova della propria qualità di trasportato.

Il danneggiato ricorre in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, che la sentenza sarebbe nulla o comunque errata per aver applicato l’art. 141 cod. ass., non ancora in vigore al momento del sinistro; aggiunge che comunque la suddetta norma riguarda il solo caso di scontro tra veicoli, ed era dunque inapplicabile al caso in esame e che la Corte d’appello non avrebbe considerato il fatto che il convenuto era il proprietario del veicolo, indizio dal quale si sarebbe dovuta trarre la conclusione che ne fosse anche il conducente.

Tutte le censure vengono considerate infondate.

Né in primo grado, né in secondo grado, si è potuta fare questione circa i criteri di accertamento della responsabilità del vettore nei confronti del passeggero per l’ovvia ragione che, essendo rimasta incerta la qualità di “passeggero”, nessun’altra valutazione era possibile.

Sia l’art. 1681 c.c., sia l’art. 2054 c.c., sollevano il danneggiato dall’onere di provare la colpa del vettore, ma non lo sollevano certo dall’onere di provare l’esistenza del sinistro, la propria qualità di trasportato, il nesso di causa fra il trasporto e il danno.

Lo stabilire, infatti, se un certo fatto noto consenta o non consenta di risalire ad un fatto ignorato, ai sensi dell’art. 2727 c.c., è una valutazione di fatto riservata al Giudice di merito, e non sindacabile in sede di legittimità, se, come nella specie, correttamente motivata.

Il ricorrente sviluppa il seguente ragionamento:

a) anche l’Assicurazione aveva richiesto l’interrogatorio formale del proprietario sul medesimo fatto, ma in termini inversi (ovverosia se la vettura fosse condotta dallo stesso trasportato-attore);

b) l’interrogatorio formale ha lo scopo di provocare la confessione su un fatto sfavorevole all’interrogato;

c) la Corte doveva prendere in considerazione soltanto la mancata risposta all’interrogatorio formale richiesto dall’attore, perché solo questo stimolava la confessione su un fatto sfavorevole al convenuto proprietario del veicolo. Inoltre, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione delle dichiarazioni rese quest’ultimo alla Polizia, dichiarazioni  che dovevano essere valutate alla stregua d’una confessione stragiudiziale.

In buona sostanza il ricorrente sollecita una valutazione delle prove ulteriore e diversa da quella compiuta dal Giudice di merito: e cioè lo stabilire se la mancata risposta all’interrogatorio formale consenta di ritenere ammessi i fatti oggetto dell’interrogatorio; se un certo atto contenga o no una confessione stragiudiziale; se e come debba interpretarsi la relazione del consulente tecnico.

La S.C. rammenta che la confessione dell’assicurato non è mai opponibile al suo assicuratore  (S.U., Sentenza n. 10311 del 05/05/2006).

Il ricorso viene dichiarato integralmente inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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