Escluso, sulla base di un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica, che il decesso del congiunto della ricorrente fosse riconducibile a malattia professionale neoplastica contratta sul lavoro

In tema di malattia professionale, derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore; il nesso causale tra l’attività lavorativa e il danno alla salute dev’essere valutato secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 29133/2021 pronunciandosi sul ricorso di una cittadina che si era vista respingere, in sede di merito, la domanda proposta nei confronti dell’INAIL per l’accertamento del diritto alla rendita ai superstiti quale erede un uomo asseritamente deceduto per malattia professionale neoplastica contratta sul lavoro.

Nel ricorrere per cassazione, la ricorrente deduceva violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115, 116, 437 cod. proc. civ., 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 nonché vizio di motivazione (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) avendo, la Corte territoriale, escluso il diritto alla prestazione nonostante fosse stata accertata l’esposizione per circa un ventennio alle fibre di amianto in una concentrazione maggiore del consentito, come emerso dalle prove testimoniali, e dovendosi escludere l’utilizzo della resezione tipo Billroth II nell’intervento subito dal de cuius.

La Corte territoriale – a detta della donna – aveva escluso il nesso eziologico omettendo di valutare la sussistenza del requisito della elevata probabilità e/o del più probabile che non, visto che l’amianto ingerito è in grado di potenziare l’effetto mutogeno del benzo(a)pirene a cui era stato esposto il congiunto.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la doglianza manifestamente infondata

Le Sezioni Unite della Cassazione, muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale – salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non” – hanno poi ulteriormente precisato che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativo – statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica).

In base alla giurisprudenza di legittimità, inoltre, “in tema di accertamento della sussistenza di una malattia professionale non tabellata e del relativo nesso di causalità – posto che la prova, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un notevole grado di probabilità – il giudice può giungere al giudizio di ragionevole probabilità sulla base della consulenza tecnica d’ufficio che ritenga compatibile la malattia non tabellata con la “noxa” professionale utilizzando, a tale scopo, anche dati epidemiologici, per suffragare una qualificata probabilità desunta anche da altri elementi. In tal caso, il dato epidemiologico (che di per sè attiene ad una diversa finalità) può assumere un significato causale, tant’è che la mancata utilizzazione di tale dato da parte del giudice, nonostante la richiesta della difesa corroborata da precise deduzioni del consulente tecnico di parte, è denunciabile per cassazione”.

Nel caso in esame, la relazione del consulente tecnico recepita dalla Corte d’appello aveva rilevato che, secondo le attuali conoscenze mediche (l’IARC e i Criteri di Helsinki 2014) la patologia tumorale del defunto (tumore allo stomaco) al momento non può essere considerata con certezza una patologia causata dall’amianto, mentre i fattori extralavorativi ricorrenti nel caso di specie (fumo di sigarette e intervento di gastrectomia parziale nel 1974) avevano svolto un ruolo preponderante nella genesi della malattia; il CTU aveva aggiunto che la relazione etiologica tra cancro allo stomaco ed esposizione a fibre di amianto, secondo la comunità scientifica, è ritenuta di evidenza limitata e proporzionale alla concentrazione di fibre ingerite, alla variabilità del consumo idrico e alla concomitante esposizione ad altri carcinogeni (per esempio benzo(a)pirene).

La redazione giuridica

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